Per chi attraversa Prato in auto o in treno è impossibile non vederle: addossate alle pendici della Calvana, le quattro ciminiere dell’ex cementificio Marchino dominano la città come gli alberi di un relitto di un’epoca passata.

Abbandonata da decenni – la produzione venne interrotta nel 1956 – la “cementizia”, come la chiamano i pratesi, è stata oggetto di un piano di recupero approvato nel 2010 dal Comune ma arenatosi di fronte al successivo fallimento dell’azienda incaricata (2013).

In attesa dell’asta del prossimo 18 gennaio, l’ex cementificio è intanto diventato molte cose. Monito di un’epoca passata, simbolo di un patrimonio industriale incapace di tornare al servizio della città e da qualche anno a questa parte anche luogo esclusivo per writers di ogni provenienza.

ex cementizia prato

Si sale su per la strada sterrata e ben presto si arriva alla recinzione, che dopo pochi metri termina lasciando libero accesso all’area dell’ex cementificio. “Tutti gli amici che venivano a trovarci finivano per andare alla cementizia a disegnare – racconta MoAllaSeconda, che fino a poco tempo fa vestiva i panni del writer – è un luogo perfetto: abbandonato, facilmente accessibile e fuori mano”.

Il risultato è che il grande complesso industriale è diventato una vera enciclopedia di writers e di graffiti. Piccoli e grandi, sbucano dalla vegetazione e dai pavimenti, decorano pareti, colonne e soffitti. Decine di opere e di tag diversi che negli anni hanno trasformato la cementizia in qualcosa che a Prato non ha precedenti.

Ci sono le firme di Aris da Viareggio, Emajons da Como, Collettivo FX da Reggio Emilia e così via, senza dimenticare i pratesi MoAllaSeconda, AAHMOO e i fiorentini RMGRL812, frenopersciacalli e molti altri ancora.

ex cementizia prato
Emajons
ex cementizia prato
MoAllaSeconda

Alcuni sono enormi e giocano con la decadenza dell’architettura fino a sospendersi nel vuoto. Altri sono poco più che firme tracciate in fretta e furia, o sono stickers che urlano da un angolo nascosto tra le impalcature oppure facce enigmatiche riempite di colore. Tutti però sembrano puntare nella solita direzione: dare una nuova temporanea identità a un luogo in lento e inesorabile disfacimento.