federico sagona

Quando incappi in un artista che ha nel suo curriculum il fatto di essere andato in tour con i Litfiba e con Gianni Morandi, con Noemi e con Pelù da solo, di aver suonato dai musical alle tribute band di Negramaro e Vasco Rossi, e come primo album solista ti propone un disco di piano solo, probabilmente l’unica cosa che ti viene in mente è un caso di schizofrenia. E quando tra i suoi riferimenti musicali ti cita Bacharach, Sakamoto, Bruce Springsteen e i Linkin’ Park, alla diagnosi aggiungeresti anche l’aggettivo “galoppante”. Ma poi ascolti il suo disco, e capisci che alla fine la schizofrenia temuta è solo puro eclettismo, e che tutti quei riferimenti effettivamente ci sono (aggiungerei anche Jarrett, tra i maestri citati) ma passati al vaglio di un modo tutto personale di approcciarsi alla musica, e che contribuiscono a creare un piccolo gioiellino sonoro fatto di continua ricerca di nuove soluzioni armoniche.

Federico Sagona, pratese di nascita e musicista di professione da almeno tre lustri, come tutti i musicisti in questi ultimi due anni è stato parecchio a casa. I palchi, dove ha sempre messo a servizio la sua tecnica ed il suo gusto per altri artisti, sono stati off limits per tutti. E allora in questo periodo ha avuto tempo di concentrarsi sul pianoforte di casa e di guardarsi dentro. Quello che ne è venuto fuori è “86400”, disco uscito la settimana scorsa per Under Roof e disponibile su tutte le piattaforme. 86400 sono i secondi che ci sono in un giorno, come a sottolineare l’essersi dedicato H24 a questa sua creatura, ma anche il voler sottolineare l’importanza ad ogni singolo attimo. Emblematica in questo senso anche la copertina: il nostro che tiene in mano una clessidra, ma orizzontalmente. Un disco di solo pianoforte, fuori dal tempo, registrato in perfetta solitudine: un disco che in altri tempi più frenetici per il nostro probabilmente non avrebbe mai visto la luce, e che ci fa scoprire un nuovo autore. Verrebbe quasi da dire “benvenuto lockdown”, pensa te.

I riferimenti dichiarati sono presenti qua e là tra le tracce del disco. Ad esempio, Sakamoto è presente in certi passaggi di “Ritorni” e nei fraseggi de “I primi giorni”. Ma Sagona non è mai minimalista, non va per sottrazione di note, ma si diverte a intrecciare melodie e ad ampliare frasi musicali. Non siamo dalle parti di Einaudi, siamo più dalle parti del Professor Roy Bittan, il responsabile di tutte le parti di pianoforte dei grandi pezzi di Bruce Springsteen. Un modo di suonare gli ottantotto tasti non diffusissimo, dalle nostre parti, e di questo gliene rendiamo merito. Complessivamente, poco più di mezz’ora di musica che rende giustizia al concetto di leggerezza. Cosa mica da poco in tempi così pesanti.