Foto d'archivio

La storia italiana è costellata di principi rinascimentali, papi e sovrani che hanno trasformato le nostre città in quei capolavori d’arte che ci rendono famosi nel mondo e protetto i grandi nomi dell’arte del proprio tempo. Queste figure vengono identificate come mecenati, protagonisti di un fenomeno che la Treccani descrive come la “tendenza a favorire le arti e le lettere, accordando munifica protezione a chi le coltiva”.

Nel nuovo millennio il mecenatismo non sembra affatto scomparso e viene riferito anche “all’attività di sostegno finanziario che alcune imprese private, talora con intento pubblicitario, svolgono a favore di iniziative artistiche o culturali di alto livello”, oltre che alle iniziative di singoli individui. In questo senso, il caso più eclatante degli ultimi tempi riguarda Firenze ed è quello di Veronica Atkins, miliardara americana che all’inizio di marzo ha donato alla città 5 milioni di euro per il restauro dell’anfiteatro di Boboli. Un gesto che aveva già dei precedenti – aveva già finanziato, tra le altre cose, anche il terrazzo delle carte geografiche degli Uffizi – ma che ha acceso i riflettori su un fenomeno che, se facciamo attenzione, a Prato si sta presentando con una certa frequenza ormai da quasi due anni.

È il caso, per esempio, di “Forma squadrata con taglio” di Moore in piazza San Marco, che verrà restaurata grazie al contributo di un anonimo benefattore pratese. O quello dei 150 mila euro che l’associazione Arte Continua donerà al Comune non per un’opera d’arte vera e propria ma per realizzare un parco a Tobbiana, un’operazione che rientra nella “forestazione” prevista dal nuovo piano strutturale. Una donazione in linea con quelle richieste dal Comune stesso con l’operazione Prato Forest City, portale attraverso il quale chiunque può farsi carico di una porzione di forestazione della città. Oppure, infine, è il caso delle produzioni internazionali dell’ultimo cartellone del Metastasio, arrivate a Prato grazie al contributo di una delle grandi aziende del distretto pratese, il Gruppo Colle.

L’assessore alla cultura Simone Mangani dice che la prima iniziativa in questo senso però, la prima della serie che tutt’ora continua, risale all’inizio del 2021. «Se tralasciamo il sostegno da parte di privati che caratterizza il Centro Pecci – dice l’assessore – Credo che l’inizio di questo trend sia stata la donazione del collezionista Carlo Palli al museo di Palazzo Pretorio: due veneri, una di Yves Klein e una di Michelangelo Pistoletto (nella foto). E non è finita. Dopo la donazione per il restauro dell’opera di Moore in piazza San Marco abbiamo appena ricevuto tre distinte donazioni a sostegno di alcune istituzioni come la biblioteca e l’archivio di Stato».

Nessuno sa spiegare cosa sia scattato nella mente di alcuni pratesi. «Forse alcune persone – prova a spiegare Mangani – tra coloro certo che possono permetterselo, si rendono conto che la città è un insieme composto non solo dal patrimonio artistico ma anche da tante istituzioni culturali e decidono di sostenerle».

Comunque stiano le cose, in un momento difficile come quello che la cultura sta vivendo negli ultimi anni anche a Prato – vedi la scomparsa di Contemporanea – gesti del genere non possono fare altro che bene.