A quasi due mesi dall’inaugurazione di Eccentrica, la mostra permanente del Centro Pecci, abbiamo fatto il punto con il direttore Stefano Collicelli Cagol. Sul presente e anche sul futuro del Centro Pecci.

Direttore, funziona Eccentrica? Comincia a produrre quello che ci aspettavamo?

«Sono molto contento di come è stata recepita Eccentrica. Ha avuto un bel riscontro da parte del pubblico. È una dimensione (quella della permanente ndr) che effettivamente la città ha capito, che è stata contenta di ricevere anche perché è arrivata in una modalità inaspettata, con questo allestimento di Formafantasma che ha stupito perché ha riletto un’ala del Centro di grande impatto. Per me era molto importante allestire le opere all’interno di uno spazio che rendesse loro il più possibile giustizia. Ho titolato Eccentrica l’allestimento permanente perché effettivamente la storia del Centro Pecci è una storia eccentrica anche rispetto a quello che è stato il canone italiano. Da un lato ha voluto presentare i grandi nomi da Kounellis, Mario Merz a Enzo Cucchi. Dall’altro però ha sempre preferito porsi in maniera totalmente aperta rispetto al dibattito nazionale, con uno sguardo molto internazionale fin da subito.  Per esempio, il crollo dell’Unione Sovietica è stato un elemento fondamentale delle ricerche e con una direttrice come Ida Panicelli ha portato all’attenzione la questione fondamentale del calarsi in una contemporaneità fatta di comunità anche emarginate. L’opera di Francesco Torrini “Commemuro” non era più stata esposta dal ‘93 quando appunto Ida Panicelli la presentò insieme ad una serie di attività che stava facendo contro lo stigma dell’HIV. C’è una tradizione anche di impegno civile che il Centro ha avuto e che lo ha reso un luogo importante, e quindi per me sottolineare questo aspetto era importante, anche attraverso artisti che negli anni ‘70 hanno lavorato sulla parola, sull’immagine, oppure gli architetti radicali, che hanno un nucleo molto forte sin dall’inizio della nascita del museo. L’architettura radicale è poi diventata un punto di riferimento anche per il post-moderno, che ha guardato molto anche alle dinamiche che erano state promosse proprio all’interno di questo territorio. E questo è stato un modo per far diventare protagonista anche Prato attraverso la decisione di utilizzare il tessuto, che è ecologico e richiama la produzione tessile pratese. Tutto è stato pensato in modo tale da generare questo tipo di risonanze e poi per me era fondamentale, proprio perché voglio che la collezione diventi un luogo vissuto dalla comunità, assicurarle anche uno spazio performativo abbastanza ampio dove possano essere presentate non solo opere ma anche performance, piccole conferenze, incontri, laboratori».

Per questo nel programma dell’Estate Eccentrica sono previsti degli eventi proprio dentro la mostra?

«Sì, per me è sempre fondamentale creare connessioni fra le varie attività del Centro. Rifunzionalizzare un’architettura così ricca, che è stata pensata dall’inizio per essere un’architettura di discipline differenti, è stato l’elemento chiave fin dal mio arrivo. L’anno scorso i dj set si confrontavano con temi legati alla queerness, che volevano sottolineare come una dimensione di ricerca sul corpo approntata dalle artiste e dagli artisti italiani si stesse sempre di più relazionando con il dj set. Quest’anno abbiamo voluto sottolineare come la collezione sia un asset, effettivamente, non solo per la restituzione del patrimonio della città, ma anche come luogo dove creare comunità. Cercare di far ritornare i corpi insieme per me è fondamentale, quindi voler sfruttare anche la prima sezione di Eccentrica come luogo dove avvengono i primi momenti della serata è molto importante».  

Sembra che il Centro Pecci stia sempre di più diventando un catalizzatore di discipline.

«È quello che bisogna fare, nel senso che stare all’erta rispetto a quello che sta succedendo attorno a noi è una missione che ci permette di individuare quali sono i valori della contemporaneità su cui portare l’attenzione della comunità. Allo stesso tempo mi sto rendendo conto che ci sono una serie di servizi che il Centro Pecci è unico nel poter offrire».

Che genere di servizi?

«In autunno inaugureremo questa progetto ombrello chiamato Arte e Benessere che è proprio pensato per renderlo (il Centro ndr) sempre più inclusivo. Abbiamo vinto il Pnrr per l’abbattimento delle barriere architettoniche, cognitive e sensoriali e questo ci permetterà di fare il way finding interno ed esterno. Quindi finalmente si saprà dov’è l’entrata del museo, dov’è l’entrata del cinema, dov’è l’entrata del bistrò e  del ristorante, che è uno dei grandi drammi che attende di essere risolto. Io ho capito che le cose dovevano essere fatte bene e con cura. La cura del dettaglio è il concetto fondamentale, quindi piuttosto che fare una cosa male per farla, ho preferito aspettare un attimo e farla però al massimo, come un po’ abbiamo fatto con Eccentrica. Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto con Formafantasma ci siamo resi conto che richiedeva di rifare totalmente l’illuminazione. Così abbiamo trovato Floss, l’eccellenza dell’illuminotecnica, che ci ha non solo fatto con una cura sartoriale l’illuminazione intorno all’idea di Formafantasma, ma ci ha anche permesso di abbattere i costi di illuminazione dell’intera ala del museo. Un processo che dovremo attuare anche in tutte le altre parti espositive. È fondamentale far vedere come le cose si fanno quando ci sono le condizioni per farle al massimo, per farle con cura e per mantenere il livello per il quale questa istituzione deve essere riconosciuta sia a livello locale che nazionale e internazionale. Quindi ad una cartellonistica posticcia ho preferito individuare un contesto progettuale che ci permetterà di avere le risorse adatte per dare respiro a questa esigenza. Rifaremo anche il sito e lo renderemo sempre più accessibile. Grazie al Pnrr, inizieremo una serie di workshop con le associazioni, per esempio di persone cieche, sorde, ipovedenti e anche con chi si occupa di come comunicare in maniera chiara concetti complessi come quelli che possono riguardare un’opera d’arte. La vocazione del progetto “Arte e benessere” è quella di rendere ancora più fruibile il Centro Pecci, e quindi l’arte, per chi ha delle esigenze specifiche. Abbiamo anche un progetto per gli adolescenti, che stiamo portando avanti con Asl, in cui credo molto».

Su cosa sarà incentrato questo progetto per gli adolescenti?

«Lo stiamo pensando adesso. Quello che però è importante per me è far percepire questo non solo come un luogo di eventi dove tu vieni, vedi la mostra e poi te ne vai, ma come un luogo che ha una progettualità che si inserisce nel territorio con attività più quotidiane o settimanali. Per esempio i pazienti del venerdì trovano nel Centro un luogo dove possono incontrare altre persone. Anche il nostro progetto “Mille giorni”, che vede donne incinta e non incinta e neonati confrontarsi con le opere d’arte va in questa direzione. Quindi “Arte e benessere” pone l’accento non tanto sull’inclusione ma proprio sull’idea che stai meglio a confrontarti con l’arte.  L’arte è proprio un percorso che raccoglie tante delle attività che il Dipartimento Educativo ha fatto fino a questo momento».

Perché quest’anno non ci sono concerti nell’anfiteatro? La musica live rientra nei progetti futuri del Centro Pecci?

«Sì, assolutamente. Abbiamo un progetto per il rifacimento dell’arena attraverso il Pnrr e quest’anno c’è stata una maggiore attenzione anche ai costi, un tema che è stato importante affrontare visto il periodo che l’anno scorso abbiamo avuto tutti quanti in città. Di sicuro però la musica live fa parte della storia del Centro Pecci, quindi mi sento assolutamente di dire che i concerti ritorneranno. Bisognerà appunto capire come e quando, perché il Pnrr è una bellissima opportunità per riallestire l’arena e anche la biblioteca».  

Cosa ci aspetta a settembre?

«Il primo appuntamento importante dopo l’estate sarà di sicuro la mostra di Diego Marcon che apriremo il 29 settembre. Sarà un grande evento non solo per il Pecci ma anche per l’arte italiana. Diego Marcon è stato un artista che ho invitato immediatamente perché avevo lavorato con lui e mi ero reso conto del potenziale che aveva. Quindi appena mi hanno coinvolto nella direzione del Centro l’ho chiamato e abbiamo realizzato il suo ultimo film alle Manifatture Digitali perché volevo fosse prodotto a Prato, anche grazie all’aiuto della Toscana Film Commission. Verrà presentato in premiere qua al Centro e poi entrerà nella nostra collezione. È il film più ambizioso che abbia realizzato fino ad oggi».