Un’operazione di trasparenza voluta con forza dal consiglio d’amministrazione della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana.

È stato presentato stamani l’annual report 2016 del Centro Pecci, “che mette insieme – spiega la nota che l’accompagna – le istanze prettamente economiche, finanziarie e patrimoniali tipiche di ogni bilancio, con quelle di racconto delle performance culturali, di impatto e di crescita per la comunità”.

“Il 2016 è stato il primo vero anno di vita della Fondazione – ha esordito la presidente Irene Sanesi – e siamo particolarmente orgogliosi di presentare un report che racconta tutto quello che è stato fatto con grande chiarezza: dalle spese effettuate al numero di visite, dalle performance al fundraising”.

“Una rendicontazione sociale importante – ha aggiunto la vice presidente ed assessore alla cultura della Regione Monica Barni – in un anno molto importante che ha visto la riapertura del museo Pecci, su cui la Regione ha molto investito. Ma non abbiamo creduto solo in una sede rinnovata. Con altrettanta convinzione abbiamo voluto infatti riconoscere alla struttura il titolo e il ruolo di Centro per le arti contemporanee della Toscana: un luogo dove discipline e linguaggi diversi dialogano tra loro”.

“Non è abituale che il rendiconto di un’istituzione culturale sia così trasparente e preciso e mi piacerebbe che questo fosse il primo degli annual report delle istituzioni culturali di tutta la città – ha esordito l’assessore alla cultura Simone Mangani – In dieci anni la Regione ha investito nel Centro Pecci 15 milioni di euro: non era una cosa scontata e senza questi investimenti non ce l’avremmo fatta. Dobbiamo essere consapevoli di questa responsabilità, che poi è la responsabilità di essere un patrimonio dell’arte contemporanea in Italia”.

“È stato un anno speciale, è stata tracciata una nuova strada e il report è la testimonianza di un successo – ha detto infine il direttore Fabio Cavallucci – non è una cosa facile aprire un centro per l’arte contemporanea in tempi in cui, a parte le mecche del turismo come Moma, Pompidou e pochi altri, gli altri centri sono quasi deserti. Per il Centro Pecci le cose sono poi ancora più complicate, perché siamo a Prato, non in una città che attira grandi flussi turistici come Firenze. Siamo qui, allo svincolo di Prato Est, e quelle 65 mila persone che hanno visitato la “Fine del Mondo” hanno deciso di prendere l’auto o il treno per venire proprio qui. Questo significa che gli elementi presentati dal Centro Pecci sono giusti e funzionano”.

Annual Report 2016

Costo della “Fine del Mondo”

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