aac talking tabs

Prendi una manciata di genitori, padri e madri, determinati a migliorare la vita dei propri figli e convinti – grazie all’esperienza di una vita in salita – che l’unione sia stimolo e arricchimento. Mettili insieme, lascia che ragionino e si confrontino, e  il risultato non si lascerà attendere.
È quanto è accaduto a Prato col gruppo Modi di dire, cinque genitori uniti per diffondere e migliorare un’applicazione ideata da uno di loro, Andrea Colzi, papà di Costanza, 12 anni.

Mia figlia non parla. Ha una malattia rara che glielo impedisce. Ma comunica. Eccome se comunica. È talmente chiacchierona che non sapevamo come starle dietro, qualsiasi strumento le consegnassimo, espressione della comunicazione aumentativa, sembrava starle stretto. Allora ho provato a cambiare rotta. Ed è nata lei”. Si chiama Aac Talking Tabs ed è una app per tablet e smartphone Android, “figlia di notti in bianco, discussioni, confronti, suggerimenti e tante modifiche”.

Era il 2010. “Fu la dottoressa Daniela Tazzini a stimolarmi. Le tabelle cartacee con i segni che Costanza usava per parlare non le bastavano mai: ogni giorno chiedeva simboli nuovi e il lavoro era immane. Pensai, allora, che la tecnologia potesse essere la via. Cercai fra le applicazioni esistenti, ma nessuna faceva al caso nostro e in più appartenevano tutte al sistema operativo della Apple e mettere in mano un costosissimo I Pad a una bambina di 7 anni non mi sembrò una grande idea. Fu allora che decisi di impegnare tutto il mio tempo libero a programmare questa applicazione. Era l’estate di oltre quattro anni fa, ma quella di oggi è solo lontanamente parente di quella prima versione. Gli sviluppi sono stati costanti, grazie all’apporto di tutti: i feedback degli utenti, i suggerimenti della logopedista, le dritte degli esperti. Il risultato? Migliaia di ragazzi oggi parlano grazie a lei”. La Aac Talking Tabs è stata scaricata, infatti, da 13000 utenti dalle esigenze più disparate, grazie al fatto che le possibilità di personalizzazione di questa creazione tutta pratese sono infinite.

“E’ una app totalmente gratuita che sta girando il mondo perché si personalizza con grande facilità e, per merito di alcuni genitori volontari e volenterosi, è già scaricabile nelle versioni francese e inglese – precisa Colzi -. Tanti sono gli utenti statunitensi, per esempio, anche perché Google for Education l’ha inserita fra le applicazioni consigliate in ogni scuola Usa. Adesso non resta che farla tradurre in tutte le altre lingue ed è fatta”, dice scherzando… Ma poi neppure troppo, dato che più lingue questa app parlerà, più persone aiuterà.

E se si pensa che questa app ha un supporto in carne e ossa pronto a scattare e a correre in aiuto di chiunque lo necessiti, il gioco è fatto. “Modi di dire intende diventare il punto di riferimento per quei genitori che desiderano accompagnare i propri figli nel mondo di una tecnologia che cambierà loro la vita – spiega Simone Motta, padre di Lorenzo, 8 anni, senza parola a causa di un brutto male ormai passato, ma pieno di voglia di ridere e giocare -. Ci siamo ritrovati e messi insieme proprio perché sentivamo il bisogno di comunicare, di sapere, di condividere esperienze, problemi e traguardi. A metterci insieme Sara Corsini, logopedista, e Marco Armellini, direttore del reparto Salute mentale infanzia e adolescenza di Prato. E anche se ancora non abbiamo nessuna veste ufficiale, perché ci conosciamo da soli sei mesi, abbiamo tante idee e voglia di fare. E cresceremo insieme ai nostri figli e a chi sta già seminando per perfezionare la comunicazione aumentativa”.

E gli esempi da seguire per incrementare questo mondo alternativo sono tanti. Fra questi l’opera di Lucia Chirici, un’insegnante pratese che sta costruendo una biblioteca ad hoc alle Don Milani. L’intento è riunire i libri specifici e metterli a disposizione di chi ne ha bisogno. “Trasporre in segni un libro è un lavorone, quindi trovare la maniera di condividere quelli che già ci sono e quelli che verranno è fondamentale. Per questo abbiamo iniziato a creare un database di tutti i volumi disponibili, il cui elenco verrà consegnato alle scuole, permettendo a tutti i bambini di usufruirne. Ma c’è ancora una marea di cose da fare. Solo che servono braccia e teste”.

La strada è lunga, dunque, ma il viaggio è cominciato e la ciurma merita di crescere a dismisura. “Venerdì 16 gennaio alle 18, in via Casella 82, abbiamo infatti organizzato una conferenza pubblica che ha lo scopo di diffondere l’applicazione, per invitare altra gente a unirsi a noi e per far sapere che siamo a disposizione di chiunque abbia bisogno di sapere, capire – precisa Colzi – Questa app aiuta a semplificare la vita di tutti. Adesso ognuno ha il proprio comunicatore, c’è dispersione. Magari un’insegnante si trova di fronte a un’applicazione che non ha mai visto e perde tempo ed energie per capire. Questa app invece potrebbe omologare il linguaggio aumentativo e dare una chance a tutti. Anche ai bambini stranieri senza nessun tipo di disabilità cognitiva. Per i nuovi arrivi, per chi non parla una parola di italiano e viene catapultato a scuola senza sapere una parola: questa applicazione aiuterebbe molto anche loro e i docenti che devono gestirli. E in più è un’app che ha un supporto, noi, che vogliamo rendere indipendenti tutti, a cominciare dai ragazzi. Siamo una sorta di bussola. I genitori non sanno che tablet comprare, come configurarlo, come fare a modificare le impostazioni o a inserire i simboli? Ci siamo noi. Ci chiamino pure. Siam qui per questo. E la loro vita migliorerà”. Parola di babbo.