Prima di approdare alla 58ª edizione del Festival dei due Mondi a Spoleto il prossimo luglio, da venerdì 8 a domenica 24 maggio al Teatro Magnolfi di Prato debutta in prima nazionale Fumo Blu, scritto dal critico teatrale Gherardo Vitali Rosati, diretto da Andrea Paciotto e con Silvia Frasson e Daniele Bonaiuti come interpreti, una nuova produzione del Teatro Metastasio che inaugura un filone dedicato alla drammaturgia contemporanea che vedrà altre tappe produttive durante la prossima stagione.

Opera prima (dopo alcune esperienze di co-autore) del giovane critico del Corriere fiorentino, Fumo Blu  racconta l’instabilità e la confusione del nostro tempo vista dal microcosmo di Paolo e Claudia, due rappresentativi esponenti della ‘generazione smarrita’, o ‘generazione fantasma’, o ‘generazione in controtempo’, la generazione più precaria, più disillusa e anche più trascurata, quella dei trentenni di oggi.

Un giornalista e una danzatrice sognano una stabilità in casa e sul lavoro: si scontrano con la realtà e ripensano al loro percorso riuscendo a capire qualcosa in più della propria natura.

“Volevo capire in che modo la “crisi” si interpone in una storia di coppia – afferma Gherardo Vitali Rosati –, come entra nel presente di due persone “normali”. Che non sono due vittime esemplari: vivono agiatamente, lavorano nel mondo culturale, sono in qualche modo privilegiati. Ma proprio questo mi interessava: evitare casi estremi e provare a raccontare le vite di molti trentenni di oggi. A partire dall’instabilità. Che dal lavoro si propaga sulla vita affettiva, generando ansie e insicurezze, ma che può essere anche sinonimo di libertà, di possibilità di cambiare”.

Sulla scena, fra spassose incomprensioni, litigi quotidiani, ricordi d’infanzia e tentativi falliti di dare una “svolta” alla propria vita, emergono le debolezze dei due protagonisti con, al centro, il forte conflitto tra le loro grandi ambizioni e l’incapacità endemica di cogliere le opportunità che la vita inaspettatamente sa offrire, alle prese con lavori poco concreti e difficoltà quotidiane.

“Fumo Blu è un pericoloso stato di piacevole confusione – aggiunge il regista Andrea Paciotto -, una nebbia immaginaria che patina lo sguardo e lo spirito, nasconde l’orizzonte e non permette di capire dove si sta andando. Emerge nel ripetersi scontato del quotidiano, familiare e rassicurante. Lentamente ci soffoca, ci addormenta, ci disorienta. Il problema non è la mancanza di consapevolezza dei trentenni, ma l’incapacità mentale di trovare, dentro e fuori di sé, gli strumenti per operare il cambiamento. Come se quell’intuito animale che scatta di fronte alle occasioni o alle emergenze, quell’istinto di sopravvivenza che ha spinto l’evoluzione, si fosse irrimediabilmente addormentato o estinto. Non c’è nulla di originale nella storia dei due personaggi di Fumo Blu. Sono esattamente come molti non-più-giovani della loro generazione”.