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I sabati di luglio a Prato sono sempre stati giorni particolari. Molti pratesi sono già in Versilia e in città rimangono solo quelli che aspettano le ferie oppure quelli che non ci andranno proprio. Sicché per la serata libera che mi attende, ho pronte almeno due considerazioni: la prima è che sarà tutto sommato tranquilla, senza le folle che invece assaltano il centro nelle sere di giugno e più in generale nei giorni di giovedì e venerdì, quando in centro si perde il conto degli eventi in programma. Il sabato sera di luglio è invece una specie di limbo tra il venerdì e la domenica e tutto scorre in un’atmosfera ovattata. Solo che quest’anno a Prato scorre in modo diverso. Sono cambiate molte cose in centro storico, e se la flemma estiva è la medesima, è vero anche che coinvolge molte più persone e molti più angoli dentro le mura. La seconda considerazione è che ho già sete prima di uscire di casa e che questo può diventare un problema quando ti sei impegnato a raccontare un lungo sabato sera in centro a Prato.

22.00

Se siete dei fumatori e alle dieci di un sabato sera vi ritrovate all’improvviso senza tabacco e cartine, ci sono solo due luoghi dove potete trovarli: il primo è Lucio in piazza del Comune, se è aperto, l’altro è il bar Andrei in via Magnolfi, che è sempre aperto. Scelgo il secondo perché è vicino casa mia e mentre percorro via Santa Margherita penso che ogni cittadino del mondo dovrebbe assaggiare almeno una volta questo cocktail composto per un terzo di nuvole di smog (le auto), per un terzo di nuvole di marijuana (gli spacciatori nigeriani) e per un terzo di nuvole di sapone (la lavanderia). Straordinario.

Di fronte al bar Andrei due ubriachi, uno italiano e l’altro magrebino, cercano invano di darsi il cinque. E’ una serata calda e nel bar, come in via Cironi, non c’è quasi nessuno. Anche i tossici sembrano rispettare il sabato sera.

Ci siamo dati appuntamento al Bastione delle Forche e come sempre sono in ritardo. Nonostante sia un sabato di luglio il centro di Prato pullula di vita. Certo, niente a che vedere con i famosi e amati/odiati giovedì dei negozi aperti e delle cene in strada, cioè non c’è la stessa ressa, ma la percezione è che sì, gente, c’è poco da fare, era tanto che questa città non offriva una tale varietà di opzioni per passare una serata e la gente se n’è accorta e mi pare che non abbia alcuna intenzione di rinunciarci nemmeno nei sonnacchiosi sabati sera di luglio.
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La terrazza sul Bisenzio è bellissima. La banda sta suonando “Besame mucho” in una versione un po’ stanca ma che ben si sposa al clima della serata. L’atmosfera è rilassata, come se i presenti fossero troppo stanchi e fiaccati dal caldo per parlare a voce alta. L’età media, a occhio, s’aggira intorno ai 40 anni ma c’è pure qualche gruppetto più giovane, specie lungo la balaustra. Da uno di questi ci viene incontro il nostro fotografo e il nostro viaggio nella notte del sabato sera può cominciare davvero.

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Sul marciapiede che costeggia il giardino di piazza Mercatale due bambine disegnano sull’asfalto con i gessi colorati. Dietro di loro, schierati come in parata su un gradino basso, tre donne bionde sulla cinquantina stanno discutendo tra loro e un gruppetto di uomini cinesi con la maglietta tirata sopra l’ombelico fuma e parla a voce alta. Il “Tondo” di sabato sera è uno spettacolo davvero unico. Qui c’è la Prato di oggi, quella che molti non vogliono accettare e quella che invece sarà in futuro. La Prato multietnica, delle cento e passa nazionalità che d’improvviso, in cerca di refrigerio, sembra rispondere alla chiamata di gruppo di ragazzini che suona sul palchetto tra gli alberi di piazza Mercatale.
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La prima birra se ne va ascoltando una versione incazzata di “Smell like Teen Spirit”, la sezione ritmica che suona niente male dietro la voce rauca anche se un po’ troppo giovane. Sono bravi, pieni di passione e di talento ma se per me e quelli della mia età questo brano è stato una specie di manifesto generazionale, per loro è solo un gran pezzo di repertorio, messo in scaletta subito dopo “Highway to hell”. Son vecchio, mi dico mentre mi allontano. Ma per fortuna c’è ancora qualche quindicenne che rifiuta Mengoni o i Modà.

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Il fotografo, tutto pimpante, ha il compito di documentare la traversata notturna del centro storico da parte di questo gruppetto eterogeneo. Cioè ci sono due barbuti che si sono aggregati volentieri all’impresa del sottoscritto, riassumibile nella domanda “riuscirò a passare di locale in locale per tutta la sera senza addormentarmi?”. La risposta sarà sì, anche se mi costerà in lucidità per i due giorni successivi.
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Superata la gelateria accanto a Mau, sempre piena, veniamo bloccati di fronte al Wallace dal racconto del concerto degli Ac/Dc di qualche tempo fa.

Viaggio_Sabato_Prato_4Se in tutti i locali facciamo così, finiamo il giro domattina” mi dice il mio amico barbuto. Ha ragione, ma il bello è proprio questo. Gli Ac/Dc, comunque, almeno una volta nella vita vanno visti, questo il teorema che va per la maggiore e siccome non li ho mai visti dal vivo me ne conosco la dirompente spettacolarità grazie a internet, tendo a crederci. Si sprecano aneddoti del concerto. Le espressioni d’invidia e qualche pacca sulla spalla stabiliscono ben presto la distanza tra chi è andato e ha assistito ad uno spettacolo memorabile e chi invece non c’è andato, condannandosi per l’eternità. Tutto intorno intanto, fanno avanti e indietro le cameriere.
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La Birreria di Prato offre un angolo lontano dal caos del resto della piazza e birre per cui è molto facile sviluppare una dipendenza.

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Il secondo boccale che mi concedo sembra destinato a fiaccare tutta la verve iniziale quando all’improvviso, e per fortuna, qualcosa di anomalo risveglia tutti dal torpore: piazza Mercatale è piombata nel buio. Ci affacciamo boccali alla mano: l’illuminazione pubblica è saltata, un allarme suona in lontananza e qualcuno fischia come si fa allo stadio mentre solo i neon dei locali e i fari delle auto illuminano la piazza. Fa un certo effetto questo spazio enorme immerso nel buio. Se qualcuno ci ambientasse un film italiano sugli zombi lo capirei, ecco. Scappiamo.
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Ripercorriamo via Santa Margherita, dove la festa è finita, i bandoni tirati giù e non rimane che qualche passante frettoloso e qualche auto che va di corsa. Svoltiamo in Canto alle tre gore e poi ancora in via Tintori finché non giriamo verso il Duomo. Siamo carichi.

00,20

Di fronte al Camelot 3.0, questi quattro uomini allo sbaraglio si fanno irretire e cedono ancora alle lusinghe dell’alcol senza resistenza alcuna.
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Appoggiati al lungo, lunghissimo bancone di legno che qualcuno definisce il più romantico di Prato per chi ha davvero voglia di bere, ingurgitano tutto d’un fiato un liquido dolcissimo dal vago sapor di miele irlandese (ma non ho capito il sapore del miele irlandese). In sottofondo suonano i Foo Fighters, è appena passata la mezzanotte e c’è ancora un sacco di strada da fare.Viaggio_Sabato_Prato_8

Così ci gettiamo in piazza Duomo (Largo Carducci è chiuso), che è la piazza più bella e più desolata di tutta la città. Sugli scalini del Duomo e su quelli dell’ex palazzo della Provincia siedono decine di persone. Per lo più uomini e donne di nazionalità straniera. Io la trovo una cosa molto bella questa, perché è una sorta di manifestazione d’affetto alla città, una voglia di cose belle, un gesto di speranza alla socializzazione. Ma sono convinto che in pochi la pensano come me.
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A Prato non ci sono panchine nelle piazze, e la gente, tranne che in piazza del Comune, quando ne ha bisogno siede dove può. Il pratese medio si è comunque abituato a stare in piedi, a non fermarsi mai e a girare come un matto per le vie del centro consumandolo in pochi minuti. Da questo punto di vista, nell’ultimo anno, l’apertura di nuovi locali ha permesso alla gente di fermarsi e di godere delle cose che ha intorno. Che non sono poche e sono pure belle. In pochi mesi la prospettiva è cambiata. La scoperta di altri punti di vista dai quali guardare e godere della propria città è un lusso cui ci si abitua facilmente e a cui poi è molto difficile rinunciare.

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Superiamo il Barrique, sempre ben fornito di avventori, e sbuchiamo in piazza del Comune. La folla di giovanissimi che il venerdì e il sabato di solito riempie la piazza si sta diradando, ma l’impressione è che molti dei suoi abituali frequentatori siano comunque già al mare coi genitori. La serata in pratica è già finita: di fronte al Datini una cameriera sta spazzando e Lucio ha già il bandone chiuso a metà.
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Svoltiamo in direzione piazza Buonamici e ci accorgiamo che “Marcellino Pane e Vino” è ancora bello attivo grazie alla fame notturna  mescolata a discrete dosi di vino rosso. Superati gli ombrelloni afflosciati del Bigonge, saliamo al giardino Buonamici.
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Anche qui la serata sta volgendo al termine: ragazze sedute a tavoli di altre ragazze, ragazzi impettiti seduti a tavoli di altri ragazzi impettiti, coppie, coppie non più giovani e anche un paio di famiglie. L’atmosfera è rarefatta, la musica un sottofondo piacevole e il contesto vuole essere quello ricercato e un po’ elitario del giardino della “Prato Bene” in centro storico.

1,05

Sbuchiamo nella grande desolazione notturna di piazza delle Carceri.
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Si è alzato un venticello tiepido che rinfranca anche gli ultimi venti avventori del Decanter, l’unico locale aperto sulla piazza. E’ bellissima piazza delle Carceri, solo terribilmente vuota. E come per Piazza Duomo, non ha alcun senso.
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Via Pugliesi l’abbiamo lasciata per ultima perché non c’è niente da vedere: è il fulcro delle serate estive in centro storico fin da quando Ozne aprì i battenti qualche anno fa, c’è sempre gente fin dal pomeriggio e l’apertura di tre nuovi locali nella vicina via Settesoldi l’ha consacrata centro della vita notturna in centro storico. Arriviamo che fuori dal pub c’è infatti ancora un discreto movimento, così come in via Settesoldi.
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Ci sediamo da Kaldi’s, il ristorante etiope, e ci guardiamo intorno. I’Salottino, lì davanti, è ancora aperto mentre Fiaschemberg sta chiudendo.
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La terza birra della serata è etiope ma per fortuna è accompagnata da un pezzo di crostata ai frutti di bosco che aiuta la digestione e scioglie la lingua. Insieme a noi, al tavolo, si sono uniti alcuni amici. Parliamo del più e del meno (in realtà non mi ricordo) mentre il fotografo sta parlando fitto con una rappresentante femminile del locale di fronte. Quando torna ad unirsi al nostro tavolo confessa che avendo cominciato a pranzo, quella è la giornata in cui ha bevuto di più in vita sua. Ma poi il mio amico barbuto sbotta: “Quando però volete bere tanto davvero, chiamatemi”. Allora capisco che è il vecchio refrain degli ubriachi a fine serata: si lanciano lamentele su quanto poco o tanto si è bevuto per darsi un tono. Non è che il sottoscritto non sia tentato, solo che sto zitto e prendo appunti. Certe volte prendere appunti ti evita qualche imbarazzo.

2,00

Sono le due e ci alziamo a fatica dal tavolo per mandare a letto Kaldi’s e proseguire il nostro giro. Manca ancora qualcosa. Ozne sta cominciando a ritirare i tavoli e aspetta che gli ultimi avventori finiscano le proprie birre. Poco distante però, in via Tintori, c’è ancora un po’ di gente accanto alla farmacia alcolica Apotheke. Se ne stanno lì a finire i propri discorsi, non hanno nemmeno più il bicchiere in mano. Proseguendo verso piazza Mercatale, i Frari e Blender sono ancora alle prese con decine di clienti.
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Stanno seduti davanti alle vetrine dei negozi della strada, accovacciati, in alcuni casi semi sdraiati e sembra che siano sempre stati così fin dalla mattina, tanta è la naturalezza con cui occupano la strada. Una coppia si bacia. Era tanto che non vedevo pomiciare di fronte a un locale.
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Sfociamo in piazza Mercatale come se avessimo vinto una maratona. Il Mau è ancora aperto, anche se di avventori non se ne vede. “Secondo il tuo piano – mi fa allora il fotografo – adesso dovremmo ricominciare e fare un altro giro“. Mi sento sprofondare. Lo guardo, poi guardo gli altri due barbuti che se ne stanno in silenzio. “Avanti!” dico tra me e me. E così comincia il secondo giro nella notte pratese.

Il Secondo Giro

Quando d’estate i locali cominciano a chiudere e si fa tardi, sulla strada rimane ancora gente. Succede ovunque, anche a Prato- C’è sempre qualche discorso da portare a termine, una speranza da rincorrere fino alla fine, una fibrillazione da lasciar stemperare prima di andare a letto.  Queste sono le foto di quel che rimane. Il centro non si svuota mai del tutto fino al mattino.

1. l Wallace sta chiudendo, la Birreria di Prato è buia, via Santa Margherita ancora di più.
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2. Davanti al Camelot 3.0 si spazza. E l’espressione è scettica.
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3. L’unica cosa viva in piazza Duomo è una pattuglia di militari.
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4. Piazza del Comune: tira un bel venticello, un gruppetto di ragazzi si attarda ai bordi della fontana del Bacchino.
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5. Via Settesoldi è deserta e anche davanti a Ozne non ce n’è più quasi nessuno.
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6. Via Garibaldi vive fino a tarda notte, tra passeggini, cani e la percezione che “siamo solo noi”.
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7. Anche se i Frari ha tirato giù il bandone.
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8. Anche I’Mau sbaracca.
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9. Il tondo di piazza Mercatale
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3,00

Sono le 3, minuto più minuto meno, e io mi sto dirigendo verso casa piano piano. Quando piazza Mercatale non è attraversata dal fiume di auto che ogni giorno la intasa, è una piazza d’altri tempi. Poco importa che le auto siano parcheggiate ovunque, penso infilando le chiavi nel portone. Il silenzio ne farebbe un luogo magico, con questi lampioni giganti che sembrano arrivare da un futuro da fumetto e le poche luci ancora accese nei palazzi intorno che ti dicono che va tutto bene, che deve andare così.

Prato non è più una città per vecchi. I giovani si stanno conquistando spazi che fino a poco tempo fa erano fuori portata e una volta presi non hanno intenzione di lasciarli. Il centro in questo modo rifiorisce e rifiorendo diventa il centro storico di una città vera, viva. Di una città normale, insomma. Non è una dinamica che si può interrompere. Bisognerà avere pazienza e fiducia, mi dico crollando sul letto. Bisognerà crederci, soprattutto. Non risolleverà l’economia della città, ma forse sarà più piacevole viverci.

Fine

Note
Il percorso per la serata è stato scelto sulla base della comodità e quindi non può essere esaustivo dell’intero centro storico. Si è preferito cioè cercare una continuità fisica tra i locali. L’esclusione di via Santa Trinita e dei tre nuovi locali aperti nell’ultimo anno è dovuto a questo motivo.

Il cronista ha impiegato due interi giorni per riprendersi dal sabato sera (11 luglio), il che ha confermato molti suoi timori sugli effetti dell’età sulla propria resistenza fisica.

Le stupende foto di questo reportage sono di Augusto Biagini.