Suona bene questo modo moderno di chiamare il cibo che si mangia con le mani. Lo associamo agli aperitivi fatti con gli stuzzichini ma voglio ricordare che il finger food è anche il pollo, la pizza, tutti i cibi delle cucine etniche consumati secondo le usanze del posto, insomma tutto ciò che ci sporca e ci unge senza pietà. Questa rubrica è il racconto di esperienze in cui mi butto a capofitto, come sul buffet delle 19, quando si ha fame e l’istinto è di correre come gazzelle anche prima di aver ordinato da bere. Esperienze che prevedono cibo e qualcosa di buono da bere. Mi sporco le mani e mangio, alla maniera di un bambino che esplora il mondo.

La mia missione inizia dal Carta Bianca, un franchising di cui conosco il bar a Calenzano e di cui stasera vado a esplorare la versione pratese. E’ in via Valentini, dove un tempo c’era il Viva. Mi aspetto un ambiente bianchissimo e spaziosissimo, e non rimango delusa. Il nome in effetti dice tutto, mi viene da pensare che ognuno mentalmente se lo può colorare e addobbare come vuole. L’ora è perfetta, 19.30 spaccate. Mentre entro allungo lo sguardo cercando un bancone imbandito di finger food e crudité e al pensiero quasi prendo la rincorsa come d’abitudine, ma purtroppo pare che anche qui si debba lavorare di immaginazione.

A prima vista solo roba da pasticceria e torte perfette in un frigorifero. Ma il locale è grande e proseguo con la mia accompagnatrice verso l’altra sala, dove in effetti ci sono anche i salati. Sono in fondo e ben protetti da un vetro. Perché? Dov’è il buffet? Voliamo al bancone. “Vorremmo un aperitivo.” Suona strano da dire ma in effetti è così. Cibo + alcool = aperitivo. Ci fanno accomodare e arrivano prontamente a prendere l’ordine. Ordino un Moscow Mule. Se vogliamo mangiare ci spiega che può portarci un piattino. Ah! Un piattino? Niente squali che arraffano tutto? Nossignori, qui è di classe.

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Una foto dell’inaugurazione del Carta Bianca

Mi adatto volentieri, vuol dire che non mi riempirò fino a strabordare e che forse rimane spazio per la cena. Che per l’appunto, stasera, non farò. Tendo l’orecchio alla canzone che passa in questo momento: The Summer is Magic. Gli anni ’90 li ami e li odi. Il resto del tempo la situazione musicale peggiora drasticamente con roba da discoteca di vario tipo che i pochi presenti me compresa giustamente ignorano, nel senso che proprio si fa finta che non ci sia.

Nel frattempo arriva la mia bevuta. Amo il Moscow Mule perché c’è il ginger e la considero una variante perfetta per gli altri cocktail freschi e limonosi che prendo spesso, ma ne ho sentite varie versioni, in alcune si sente il cetriolo (che non è previsto da ricetta originale) e per niente lo zenzero, in altre il limone e nient’altro, o peggio ancora la vodka e fine della storia. In questo caso devo ammettere che il mio era delizioso, pungente al punto giusto con la sua predominanza di zenzero. Un cocktail per me è buono quando va giù che è una meraviglia, e questo lo fa. Arriva il piattino: God Save Finger Food. C’è una frittatina di porri, delle micropizzette di pasta sfoglia, delle palline fritte ripiene di formaggio e prosciutto, una polentina fritta con i funghi sopra… Tutto davvero buono. Niente roba ri-riscaldata, o del giorno prima, o insipida, o salatissima. Tutto perfetto.

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Dettaglio dell’inaugurazione del Carta Bianca.

Finisco il mio Moscow Mule e propongo alla mia accompagnatrice un altro cocktail a metà. Chiedo un menù per avere ispirazione e scegliere qualcosa a cui siano avvezzi. Non c’è un listino fornitissimo di long drinks, tra i pochi mi attira il Rum Cooler che mi sembra di ricordare mi piacesse. Chiedo informazioni sugli ingredienti per esserne certa. La ragazza non se lo ricorda, dice che se ne occupa il ragazzo. Il ragazzo dice che non li sa tutti a memoria e che quello lo chiedono in pochi. “Sì capisco! Mi sono sempre chiesta come fate a ricordarvi sempre tutto…”. Già. Mi viene suggerito un Caipiroska – quello con la fragola – ma la fragola non mi va. “Il Caipirinha invece com’è?” Vedo il buio nei loro occhi. Cavoli. Sono sincera, sono curiosa di sapere cosa bevo. Sono appassionata di cocktail e apprezzo chi li fa con passione. Niente, forse cominciano ad odiarmi. Torno al Caipiroska e non se ne parla più, e torno pure al tavolo, in fretta. Arriva rapido e, come per magia, è buonissimo pure questo.

Comincio a pensare che sotto al bancone ci sia un nano espertissimo che prepara tutti i drink, mi auguro che sia così almeno non avrà fatto cose brutte al mio cocktail prima di mandarmelo. Oltre al fastidio gratuito che mi sono guadagnata, pago pure un bel 25 euro per due cocktail con due piattini e un cocktail single. In ogni caso cibo e bevute promossi a pieni voti. Poi c’è sempre una parte di me che preferisce i peggiori bar di Caracas, ma questo è solo il mio stile.