Sono occhi attenti che ritraggono e fotografano uno dei quartieri più interessanti e complessi della città. ognuno si porta dietro la propria storia, la sua sensibilità e ricerca artistica: sono i quattro artisti under 35 che stanno lavorando da una settimana all’interno del progetto “La via della Cina”, organizzata da Dryphoto in collaborazione con la Regione Toscana all’interno del progetto Toscanaincontemporanea2019.

L’obiettivo del progetto è produrre una documentazione che interpreti la storia del quartiere Macrolotto Zero, dove vive la maggior parte dei nuovi cittadini di origine cinese, per costruire una narrazione emotivamente evocativa che esplori la relazione fra  paesaggio urbano e l’elemento umano, registri i temi del cambiamento strutturale e antropologico della città, costruisca un terreno comune fra arte e geopolitica proponendo la pratica fotografica come poetica civile.

“Per me vivere questo quartiere è come fare un salto nel passato nella Cina degli anni 80, quella dove sono cresciuti i miei genitori e nonni”: a dirlo è Ai Teng, ragazza di trent’anni nata a Shandong e residente a Firenze, dove ha studiato all’accademia delle Belle Arti di Firenze dal 2013. “Una società molto assurda questa di Prato – racconta – ci sono persone congelate nel tempo, mentre in Cina il tempo corre a grande velocità e si passa da case di due piani a grattaceli in meno di un mese. Io voglio fare un lavoro romantico qui, anche nostalgico per me, all’interno di un mondo che nella Cina da dove vengo non esiste più, dove si vive solo per lavorare per dare dignità alla propria famiglia”.

Andrea Palummo e Chiara De Maria portano avanti un progetto artistico in coppia e sono critici rispetto alla realtà che hanno trovato: “è una situazione caotica e chiusa, complicata da attraversare, piena di muri. Le persone che abbiamo intervistato sono molto arrabbiate, nervose, contrariati nei confronti della vivibilità della zona e coesistenza”.

Magdalena Typiak viene dalla Polonia e affianca al lavoro fotografico e video uno più legato al sound experience. “In un contesto dove è difficile parlare con le persone, ho lasciato che il suono che mi circonda per le strade di questo quartiere mi parlasse, senza intervenire in nessuna maniera. Il risultato è la scoperta di infiniti dettagli, la voci fragili dell’essere umano sono coperte dal suono del traffico: non voglio dare interpretazioni col mio lavoro, voglio solo porre delle domande a chi guarderà le mie foto all’interno un luogo così complicato”.

Il lavoro di questi artisti si concluderà con un convegno per riflettere sulla fotografia come strumento di analisi e interpretazione di un territorio.