“Perché non abbiamo scritto mai nulla su Gloria Nuti?”

È la domanda che accompagna la mattina della vigilia del 73esimo Festival di Sanremo. Già. Perché non ci siamo mai occupati di quest’artista che ha calcato per ben due volte (e un’altra volta come autrice) il palco dell’Ariston? Probabilmente è l’artista pratese che vanta più presenze al festival dei fiori. Comunque, non è vero. Della sua prima partecipazione ce ne siamo occupati, anche se è la seconda che ha avuto più clamore. Andiamo per ordine.

Gloria Nuti, anzi, la cantautrice Gloria Maria Nuti, nata a Prato nel 1957, è una che ha bazzicato la musica per anni. Inizia con Riccardo Galardini negli anni ’70 nel gruppo progressive degli Axiandra, che poi verso la fine del decennio viene folgorato sulla via del funky-disco: cambiano nome, si chiamano Ayx, si vestono in calzamaglia nera e partecipano al loro primo Sanremo, quello del 1979. Degli Ayx ne abbiamo già parlato approfonditamente qui: si trattava di una band che univa alla musica da ballo un look pseudo fantascientifico. Viene ricordato come un gruppo sperimentale, ma nei suoi due 45 giri ha sperimentato ben poco. A distanza di oltre 40 anni, però, quei pezzi reggono e tengono botta: Ayx Ritmo e Ayx Disco non sfigurerebbero nel repertorio dei Nu Guinea.

Gli Ayx nascono e muoiono tra il ’79 e l’80. Gloria Nuti era sì la cantante e autrice dei testi della band – che sottolineano una libertà sessuale e una certa intraprendenza al femminile non facile da trovare nei testi dell’epoca – ma partecipava a questo progetto in incognito. Nessuno dei componenti della band era noto: loro erano degli extraterrestri, o qualcosa del genere. Ufficialmente, sulla terra, lei era la voce femminile degli Extra. Gli Extra erano la band di Claudio Baglioni all’epoca di “E tu come stai” e giravano intorno alla figura del pianista Walter Savelli. Un singolo, “Maria Maddalena”, che nei suoi intrecci melodici tra cori maschili e voce femminile sapeva tanto di Matia Bazar pre-vacanze romane. Le radio libere la passavano, finì in classifica. Anche qui, con tutti i rimandi possibili del titolo a retaggi cattolici, il testo parla di una donna libera sessualmente, una donna che comanda il gioco e a cui i maschietti non possono fare altro che fare il coro. Per Gloria Nuti, una conferma della sua poetica, alla fine. Poi, passano dieci anni, prima della svolta.

Dalla fine degli anni ’70 passiamo alla fine degli anni ’80. Nel 1989 Gloria Nuti incide il suo primo album da solista. Ma non è la Gloria Nuti che ci ricordavamo. Intanto, si tratta di una donna rock. Dall’immagine da donna cattiva al timbro vocale incattivitosi con l’età. Ha una band alle spalle di grandi sessionmen britannici. Il chitarrista viene dai Colosseum, il batterista dalla band di Elton John, il bassista ha collaborato con Kate Bush. Sulla copertina del disco viene ritratta in occhiali scuri e maglietta dei Motley Crue circondata da questi brutti ceffi di musicisti come fosse Joan Jett con i suoi Blackhearts. O i Pretenders di Chrissie Hynde. Con una grande casa discografica alle spalle, con un progetto dal respiro internazionale, partecipa al suo secondo Sanremo, il primo da protagonista. E qui casca l’asino.

Sì, perché il pezzo che viene scelto (ad onor del vero l’unico non scritto interamente da lei ma da un vecchio volpone di autore come Roberto Casini, autore anche per Vasco Rossi) ha delle punte di trash involontario non indifferenti. Il pezzo si chiama “Bastardo”, ed è un rock ballad tra Vasco e l’ FM americano. Il problema è il testo: parla di una ragazza alle prese con la sua prima volta. Il testo è riassumibile nel seguente schema: Lo faccio? Non lo faccio? Ho paura. “Bastardo, almeno non farmi male”. No. Cosa fai? Vai via? Eh no. Ora voglio io. Troppo tardi? Come “Sei una bambina, è tutto finito”? Prima di cominciare? Bastardo, almeno fammi provare. Rieccomi. Si fa? Sì, dai. Attento amore, non farmi male. Sipario, applausi.

Un testo tanto “cringe” da essere bellissimo, che però strideva per coerenza con diverse cose. Prima di tutto con l’immagine da rocker consumata, e anche con i testi da donna libera che cantava dieci anni prima. Poi, mettiamoci anche il fatto che quando lo canta non sia propriamente di primo pelo, quindi agli occhi degli spettatori la cosa pecca un po’ in credibilità. Ma per carità, un atto d’amore è un atto d’amore, non ha età. Sarà per tutto questo complesso di cose che la cosa finisce lì, il pezzo non va in finale, il respiro internazionale viene soffocato sul nascere. A sua discolpa Gloria dirà che non era il pezzo che lei voleva portare a Sanremo, che è stata un’imposizione, etc. Poco importa. Il passaggio di Gloria Nuti a Sanremo cantando la perdita della sua verginità è uno dei momenti cult del festival di tutti i tempi. 

Dopo quel Sanremo le occasioni si sono diradate, lei continuerà a fare occasionalmente la corista. Le cronache dicono che si sia trasferita da Prato a Londra e che alterni la musica con un’altra professione in campo medico. Però dopo essersi presa la sua rivincita scrivendo per Andrea Bocelli “Il mare calmo della sera” che viene cantata prima a Sanremo 1994 e poi in tutto il mondo da trent’anni a questa parte. È tornata discograficamente 10 anni fa con il suo secondo album “Ricca di spirito” ma se ne sono accorti in pochi. Anche perché, diciamocelo, una perla come “Bastardo almeno non farmi male” urlato a Sanremo resterà imbattibile.