Messaggi in codice Dario Libardi
Immagine via Museo della Deportazione e Resistenza di Prato

Un messaggio da decifrare arriva dal passato. A inviarlo è Dario Libardi, internato nello Stalag VII B di Memmingen e poi in altri arbeitskommando, i campi nazisti adibiti ai prigionieri di guerra.

È il 1943: ogni giorno il suo unico scopo è sopravvivere alle condizioni di vita e di lavoro inumane a cui lui e gli altri prigionieri sono sottoposti. Durante la prigionia trova un modo segreto per comunicare con i familiari. La sua posta è sempre controllata, arriva (quando arriva) con molto ritardo alla famiglia. Per alcuni mesi, prima di essere scoperto, scrive messaggi nascosti nelle lettere inviate a casa.

Messaggi come questi: “lasciate leggere a Giorgio Ober che lui sa leggere il greco antico: Rzde tes i dfs eogzfsdds nil nz moz mzunpolsda msddsltino tsaldi er fdr enfoddr to hinodo ur”.

Nelle missive seguenti, invece, il codice diventa alfa numerico: “F10t7 6u7 3 t27 15g1027tt7 138l10 m510 m10cch587tt10 m7tt7863c5 678t23 c102t10 sc5tt10 67 13l5t5c10”.

Sapreste decifrare questi messaggi?

A chiederlo è il Museo della Deportazione e Resistenza di Prato che sta lavorando alla pubblicazione di un nuovo libro dal titolo “Abbiamo detto NO” dedicato alla storia di dieci internati militari italiani nei campi nazisti 1943-1945. Il libro è un lavoro di ricerca e studio di Enrico Iozzelli e Susanne Wald e sarà presentato martedì 14 marzo alle 17:30 al museo di Figline.

Chi fosse in grado di decifrare questi due messaggi, può aiutare il lavoro di ricerca scrivendo alla mail [email protected].

Il Museo della Deportazione e Resistenza di Prato si occupa di far conoscere i luoghi e le storie legate alla Memoria: la dittatura fascista e nazista, le persecuzioni razziali, politiche e religiose, la deportazione e le realtà dei campi di concentramento e di sterminio, le lotte di Resistenza e di Liberazione.

Tra le storie raccontate nel nuovo libro anche quella di Dario Libardi, catturato a 21 anni in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 mentre si trova nell’Istituto Geografico Militare Firenze, dove frequenta la Scuola di topografia e pilotaggio.

Nelle ore successive viene trasferito con i commilitoni alla Fortezza da Basso. Per alcuni giorni è obbligato a caricare armi e munizioni su carri bestiame in partenza dalla stazione di Campo di Marte verso la Germania, poi su quegli stessi vagoni viene caricato anche lui verso i campi di prigionia.

Rimane prigioniero dei nazisti per 20 mesi: alla fine della guerra riesce a tornare dai propri cari e con il tempo a rifarsi una vita.

Oggi le sue lettere ci raccontano le sofferenze subite durante l’internamento.