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I tecnici del Comune dicono che se si sovrappone l’area del progetto di riqualificazione del Fabbricone a quella del Parco Centrale – che finalmente sembra entrato nella sua fase finale – ci si accorge che la prima è di poco più piccola della seconda. Ma questo dato non basta per rendersi conto della portata del progetto che cambierà la zona che da via Targetti arriva fino a piazza del Mercato Nuovo. E questo è uno dei motivi per cui abbiamo partecipato alla passeggiata “a scala urbana” organizzata domenica 29 ottobre dal Comune, uno degli appuntamenti del processo partecipativo voluto dalla Regione come parte integrante del progetto. Il secondo, meno evidente di quello legato alla riqualificazione urbanistica ma altrettanto importante, è che il teatro pratese – con la sua Storia, le sue storie e le sue architetture – ci sembra voler entrare in una fase inedita: provare a trasformarsi in un asset culturale a tutti gli effetti, che dalla valorizzazione del proprio patrimonio diventi capace di strizzare l’occhio anche al turismo. Che da luogo per addetti ai lavori e appassionati diventi luogo per la meraviglia di tutti.

Passeggiata domenicale

La domenica mattina, via Targetti e le sue aree limitrofe sono ancora più desolate del solito. Poche auto, il viavai dai supermercati aperti e poi quel viale alberato senza uscita in fondo al quale si nascondono da sempre Fabbricone e Fabbrichino.

Una ventina di persone ha risposto all’appello nonostante minacci pioggia e come prima tappa vengono fatte accomodare sulle poltroncine del Fabbricone. Simurg Ricerche, che si occupa di organizzare e gestire il processo partecipativo, ricorda che si tratta di un progetto certo, con fondi già stanziati (8 milioni dalla Regione via finanziamenti europei, 2 dal Comune), una data entro cui dovranno terminare i lavori (2029) e la possibilità di partecipare allo sviluppo del progetto del parco attraverso un questionario anonimo e aperto a tutti (LINK).

Il progetto, com’è noto, si divide in due parti. La prima riguarda la ristrutturazione dei due teatri, con il Fabbrichino che dovrebbe ospitare anche uno studentato e il magazzino del Met. L’altra riguarda la trasformazione della zona circostante e la creazione di un corridoio verde che colleghi i teatri a piazza del Mercato Nuovo. È di quest’ultimo aspetto che si è parlato domenica 29 ottobre e di un altro concetto, esposto alla platea da Edoardo Donatini: il progetto non porterà solo Fabbricone e Fabbrichino nel patrimonio comunale, e non riqualificherà solo il quartiere mettendolo in connessione prima con piazza del Mercato Nuovo e poi con il centro storico, di cui diventerebbe una nuova porta d’ingresso, in questo caso verde e pedonale. Il progetto è concepito come una celebrazione del Fabbricone e di tutto il teatro pratese, della sua storia e dell’importanza che ha avuto per il teatro in generale.

Cosa ne facciamo del Gorone?

Tra il Fabbricone e il Fabbrichino c’è uno stretto corridoio chiuso da un cancello rosso. D’estate lo si attraversa per andare a Ex Fabrica, il locale che da qualche anno viene organizzato nel giardino sul retro. E proprio il retro dei teatri diventerebbe l’ingresso e l’inizio del nuovo parco verso il centro storico. E viceversa.

«Si arriverà al Fabbricone e al Fabbrichino da sud, dal centro storico – ha spiegato infatti ai presenti l’assessore all’urbanistica Valerio Barberis – e a sua volta il Fabbricone, col suo parco, diventerà una nuova porta d’ingresso al centro città».

Proprio accanto al giardino del Fabbrichino, oltre il muro e la ciminiera, scorre l’ultimo tratto del “gorone”, la gora maestra che da Coiano, da dieci secoli a questa parte, regimenta le acque del Bisenzio diramandosi dentro la città fino a i suoi mulini (la storia del Gorone). Un’infrastruttura che fa parte integrante della storia e dell’identità pratese e proprio per questo al centro di varie ipotesi di valorizzazione. Visto che in questa zona ci stiamo per fare un parco, perché non cercare di ripristinare i tracciati delle gore dove è possibile integrarli?

L’ultimo tratto del Gorone

Rimane fuori dall’intervento – purtroppo – la palazzina chiamata “ex Consiag”, che confina con il retro del Fabbricone. Un edificio fatiscente e spettrale. E come la palazzina è esclusa per il momento anche l’area più vicina all’ex Fabbrica Calamai, anche se dal Comune assicurano che stanno cercando i fondi necessari per espropriarla e integrarla nel progetto di riqualificazione dell’area.

Via Abati deve cambiare tracciato?

È aprendo però il grande cancello sul retro del giardino del Fabbrichino che ci si rende conto di come cambierà tutta la zona. Il corridoio d’accesso al Fabbricone si allungherà fino all’intersezione con via Abati, sfiorando gli edifici della Protezione Civile Oltre. E da via Abati curverà leggermente a sinistra per attraversare l’area verde che adesso divide la zona da piazza del Mercato Nuovo.

L’unico inconveniente all’uniformità del progetto sembra il tracciato di via Abati, che con una serie di svolte collega via Targetti a via Bologna. «L’accesso nord al centro storico è solo carrabile, attraverso viale Galilei, oppure ciclabile lungo il Bisenzio – ha spiegato l’architetto Antonio Silvestri ai presenti che chiedevano della strada – via Abati viene usata tutti i giorni come bypass alle code da centinaia di automobilisti».

Nel progetto non sono state inserite variazioni del tracciato, che invece sembra fossero previste in un primo momento. I tecnici del Comune assicurano che tutta l’area diventerà una zona 30, ma sembra lecito chiedersi se la convivenza con una strada tanto trafficata non finirà per complicare la vita del parco, inteso non solo come luogo verde ma soprattutto come oasi pedonale e ciclabile.

Una nuova piazza del Mercato Nuovo

«Piazza del Mercato Nuovo adesso non è un parcheggio e nemmeno una piazza del mercato», dice l’architetto Cosimo Balestri. La piazza non rientra nel progetto di riqualificazione dell’area del Fabbricone ma il suo riassetto non può che farne parte e l’architetto Balestri se ne sta occupando per conto del Comune. Non sembra una questione semplice, perché nel gigantesco piazzale devono convivere molte cose: il mercato del lunedì e quello del sabato mattina, la sosta diurna e notturna, il tempio buddista, i negozi, la moschea e gli eventi che ospita soprattutto d’estate. È un’area piena di funzioni e ognuna di queste dovrà essere raccordata alle altre e alla fine anche al corridoio che la mette in comunicazione con l’area del Fabbricone.

Le idee, per il momento, sono quelle di prolungare il viale alberato di fronte al tempio buddista fino all’ultima propaggine della nuova area verde, studiare un nuovo assetto per il mercato del lunedì – che sarà più piccolo – e predisporre una zona per la sosta breve al suo servizio. A questo si aggiunge anche una maggiore e più precisa gestione degli eventi estivi per quella che è diventata di fatto l’area concerti più grande della città.

Fabbricone: un monumento alla storia del teatro italiano

La passeggiata s’infila nella strozzatura di via Protche e di lì riemerge in piazza Ciardi, prosegue in piazza dell’Università e in piazza Duomo fino al Politeama Pratese, «che stiamo trasformando in Fondazione – ha spiegato l’assessore alla cultura Mangani – perché è l’unico modo che permette al Comune di rimanere socio». Non è una sosta casuale, ma la seconda tappa di quello che è stato concepito come un vero e proprio tour a piedi dei principali teatri pubblici e privati di Prato, un triangolo ai cui angoli ci sono il Fabbricone, il Metastasio e il Magnolfi e che si snoda in un percorso che a chi vuol guardare racconta una storia molto pratese, fatta di tenacia, visione e innovazione.

«Dopo l’alluvione del 1966, il teatro fiorentino in cerca di spazi si sposta tutto a Prato – racconta Edoardo Donatini alla platea del Metastasio, subito prima di guidare un tour dietro le quinte – comincia tutto da lì fino ad arrivare alle 180 mila persone che i teatri pratesi registrarono nella nel 1972 e 1973, una stagione davvero irripetibile. Poi ecco che viene messo in piedi il Fabbricone, il primo esempio di rigenerazione urbana, un luogo che con i suoi spazi e i suoi spettacoli ha contribuito allo sviluppo del pensiero teatrale italiano e internazionale. Dimenticarsi del Fabbricone e della sua importanza – conclude – significherebbe fare un torto alla storia stessa della nostra città».

Edoardo Donatini e l’assessore alla Cultura Simone Mangani