L’Italia è giustamente orgogliosa del suo sistema sanitario nazionale: tutti hanno il diritto di accedere alle cure e nessuno verrà lasciato morire all’entrata di un ospedale solo perché non ha una carta da esibire.

Sappiamo tutti, però, quale spesso è il risvolto negativo del sistema: è molto costoso e, come spesso capita quando non c’è una diretta connessione di responsabilità fra chi paga e chi è pagato, produce molti sprechi.

Quando arrivai in Germania, non avevo idea di come funzionasse il sistema sanitario tedesco. O meglio, avevo un’idea sbagliata. Conoscevo la fama del welfare tedesco e mi aspettavo un sistema molto simile a quello italiano. Ma la cosa sorprendente, che rende il sistema molto più efficiente, è che qui ogni lavoratore paga la sua assicurazione sanitaria obbligatoria, la quale paga le prestazioni sanitarie convenzionate direttamente al medico. Stop. Semplice, no?

Premetto che non ho studiato tutti i dettagli del sistema sanitario, ma proverò a spiegarvi meglio nel dettaglio. Come detto,

l’assicurazione sanitaria è obbligatoria: se non ce l’hai, non solo non puoi accedere alle cure, ma non puoi neanche firmare un contratto di lavoro o di affitto.

Ci sono compagnie assicurative pubbliche e private, con l’ovvia distinzione che le seconde sono più care ma coprono una maggioranza di prestazioni sanitarie. Le compagnie pubbliche, sono spesso delle società partecipate pubbliche, dunque, in sostanza, si evita quel meccanismo italiano per cui i soldi destinati alla sanità sono quelli raccolti nel buglione generico delle tasse e poi, da qui, redistribuite ai vari settori, sanità inclusa. No, in Germania, ogni società punta a campare ed è dunque nel regime concorrenziale di mercato: deve vendere il suo “prodotto” di assicurazione sanitaria.

L’assicurazione sanitaria è generalmente abbastanza dispendiosa ed è proporzionale al reddito percepito (nel mio caso, corrisponde a circa il 10%) ma bisogna sapere che in Germania il sistema sanitario non è strutturato come in Italia: qui non c’è medico di fiducia e tutti gli specialisti hanno diverse prestazioni convenzionate con le assicurazioni.

Questo significa che se un giorno voglio togliermi lo sfizio di fare un controllo oculistico non ho bisogno di una ricetta del medico e poi della fila all’ospedale oppure di sborsare quei 70-100 euro (a nero?) allo specialista privato, bensì è sufficiente prendere un appuntamento con lo specialista che più ti aggrada (più vicino? Più simpatico? Più bravo? O magari, italian speaker)

Chiariamoci: non è il Paese della cuccagna! Tutto si paga e, di conseguenza, le prestazioni convenzionate non sono infinite, in particolare, anche qui!, se si va dal dentista. Ma per lo meno, le visite di controllo sono generalmente “gratuite” e non c’è bisogno di aspettare mesi per un appuntamento.

I lati negativi sono diversi, ma più che in termini di inefficienza, sono in termini di fastidio: i dottori, essendo “sul mercato”, puntano a fidelizzare la clientela, facendo compilare moduli, raccogliendo informazioni inutili alla visita e consigliando trattamenti non strettamente necessari (ma pagati dall’assicurazione). Inoltre, non essendoci il medico di famiglia, non ci sono orari di visita a domicilio e gli orari di visita d’urgenza sono alquanto ridotti, cosa che costringe a prendere appuntamento ma, siccome a tutti piace farsi visitare gratis dal dottore (specialmente alla clientela anziana) si rischia di aspettare anche una settimana. Per questo motivo, la prima volta che andai dal dottore, dovetti aspettare 4 ore, con la febbre a 38,5 che la gentile dottoressa semi-italian speaker mi ricevesse. Non è stato piacevole!

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In ogni caso, dopo essersi un po’ adattati, il sistema sembra funzionare.
Scegli il tuo dottore preferito, richiedi una visita, se ti piace lo tieni, sennò lo cambi. Hai un fastidio all’orecchio? Meglio andare direttamente dallo specialista! E così via.

Oh, ovviamente, per le cose più gravi, occorre che il medico di base prescriva ulteriori analisi, in particolare se le analisi si possono eseguire solo con apparecchiature ospedaliere.

Altri lati negativi, di questo mix apparentemente perfetto fra pubblico e privato? Bè, ricordiamo che l’assicurazione sanitaria è obbligatoria e ognuno deve essere fornito di una magica tesserina da presentare di fronte a qualsiasi dottore. Questo significa anche che se la vostra compagna sta avendo un attacco epilettico e voi chiamate l’ambulanza, la prima cosa che vi chiedono i medici non è “dov’è la ragazza?” ma “dov’è la vostra tessera sanitaria?”. Il che non è molto piacevole.

Mi è sempre venuto spontaneo chiedermi:

Se il sistema è così perfetto, come mai allora ci sono persone povere che non riescono ad accedere alle prestazioni sanitarie?

O, in altri termini, “E se io non lavoro e non posso pagarmi l’assicurazione?”. Qui il tema si allarga, in quanto si va a confluire nel welfare system del lavoro. Brevemente. Se perdi il lavoro, lo Stato provvede ad un assegno di disoccupazione. Questo assegno è vincolato ad alcuni requisiti, primo tra i quali la tua intenzione/dedizione a cercare un nuovo lavoro. Fin quando rispetti i requisiti e ricevi l’assegno, lo Stato pensa anche a pagarti l’assicurazione sanitaria. Ma quando non li rispetti più…bè, sei fuori.
In teoria, il sistema è fatto in modo che tu non debba mai stare più di un anno senza lavorare ma, ovviamente, questo può succedere e accade soprattutto per persone con situazioni fragili alle spalle. Si ritorna al teorema per cui il paradiso, in terra, non esiste.

In ogni caso, penso che un sistema di questo tipo limiti gli sprechi (in quanto i soldi vengono destinati direttamente alla prestazione e non ad una generica unità sanitaria) e consenta una certa libertà di scelta da parte del paziente. Come si è intuito, però, è proprio l’essere sul mercato il principale lato negativo. Come a dire che dappertutto la sanità è un grosso business. Purtroppo.