I Solki sono nati nel 2014 nelle teste di Serena Altavilla (Baby Blue, Blue Willa, Band del Brasiliano), Alessandro Gambassi (Funny Noise, Topsy the great, Vacantze) e Lorenzo Maffucci (Mangiacassette, per dirne solo una).

Hanno fatto uscire il primo disco, Sleeper Grele, nell’ottobre 2014 e adesso, il 7 aprile, è uscito Peacock eyes per la Ibexhouse, in collaborazione con Santa Valvola, Sacred Hood, Nevrosi e Astio collettivo.

“I solchi sono solchi – spiegano – li tracci nell’aria e dove vuoi, col dito o con lo sguardo. La K è fonetica, rende la cosa più facilmente pronunciabile da tutti. E poi fa più punk”.

La nascita della band è stata un lavoro di scrematura: com’è andata?

“La prima prova era un eccesso di strumenti – spiega Alessandro – ognuno aveva portato tutto quello che poteva suonare. Non siamo minimalisti, perché sembra una cosa forzata: siamo spartani. Suoniamo solo con quello che serve, e ci siamo arrivati a forza di sperimentare.” “Sennò mi prende l’ansia – aggiunge Serena – se vedo troppi fili intrecciati mi sento a disagio. Se devo eseguire ho bisogno di semplicità”. “Nel primo tentativo c’era davvero troppa roba, poi ci siamo assestati su questa formazione, e così è rimasta. Praticamente un caso – conclude Lorenzo – Siamo andati in sala prove e ognuno ha portato quello che gli pareva, poi via via abbiamo scremato e i Solki sono usciti fuori”.

Il disco è uscito il 7 aprile 2017, e per ora le recensioni sono più che positive.

“Il parto è andato bene – dicono – concepimento piacevole, divertente come tutti i concepimenti, la gestazione è stata lunga. Fra il primo e il secondo disco sono passati due anni e mezzo, come due figli. Sono nati già in grado di camminare, come i cavalli, ma non trovavano un formato adatto a loro su cui potersi adagiare. Etichette e ricerca dei fondi sono stati difficili, volevamo provare a cambiare, scardinare le nostre certezze. Abbiamo fatto un giro, poi però abbiamo deciso di tornare all’ovile: Ibexhouse è una cordata di piccole etichette e persone con cui abbiamo anche un legame affettivo e umano che hanno partecipato alla stampa del vinile e del disco.”

C’è anche qualcosa di Mercolady e Bruxurum in questo disco (Mercolady e Bruxurum è un progetto elettronico di Lorenzo Maffucci e Serena Altavilla)?

“Si, c’è anche qualcosa di loro – dice Lorenzo – forse è vero che c’è questa componente più sognante rispetto al primo, un po’ più crudo e violento. C’è più sogno e psichedelia.”

In effetti le recensioni parlano di dream punk.

“Dà l’idea di quello che è. Cosa sogna un punk quando dorme? – si chiede Serena – Di fare a botte coi mulini a vento, col muro. O sogna cose diverse dalla realtà, diverse da quello che sei. Il punk che sogna si ribella alla realtà, completamente.”

Come nascono le canzoni dei Solki?

“Qualche pezzo è nato in sala, come Empty bag jellyfish, ma nella maggior parte dei casi propongo spunti molto scarni a loro due, e poi ci lavoriamo insieme – spiega Serena –  Suono tre corde in tutto: due corde vocali e una di chitarra: poi ognuno fa il suo aggiungendo la sua parte. La melodia base arriva in sala prove, e noi ci ruzziamo sopra, ma mai troppo”. “Alcuni pezzi si stabilizzano via via che li suoni, è come una jam rigida, parecchio lenta – aggiunge Lorenzo – che magari dura dei mesi”. “Non stiamo a impastare e rimpastare, se ci convince davvero se non la prima è la seconda take – conclude Alessandro – Abbiamo fatto il disco in presa diretta in due giorni, per la gioia dell’etichetta. Pensa che l’altro disco ci ha messo un pomeriggio: quanto dura il disco è durata la registrazione. Anche la voce era in presa diretta.”

La registrazione di Peacock eyes è avvenuta in Casentino, in un borgo, praticamente a casa di Alessandro Fiori.

“Registrare con lui è bello, ci si lavora bene e tranquillamente – dice Lorenzo – i Solki sono nati contemporaneamente alla sua etichetta. Lo conoscevamo già prima, gli abbiamo fatto sentire le prime registrazioni e lui ha detto ok, pubblichiamolo e facciamo un’etichetta. Il legame è profondo, anche la copertina e tutto il progetto grafico l’ha fatto lui, insieme alla Facchetti”. 

Arriva la domanda di rito. Per un gruppo che suona, compone e crea tutto da solo, come sta la musica oggi? Che effetto hanno avuto i talent?

“Domanda pericolosa – dicono Lorenzo e Serena – dipende da come te la vivi. In conseguenza dei talent c’è stato un appiattimento: senza uno strumento come i talent avevamo chiaro cosa distingueva underground da mainstream, mentre oggi è più complicato. Un caso potrebbe essere Manuel Agnelli, ma solo perché è il più eclatante: per ragioni che mi sfuggono o voglio farmi sfuggire ci sono personaggi che fanno in modo di essere un riferimento per un altri tipi di mondo. Non so se funziona, in un certo senso sì, sicuramente, ma forse non funziona per la musica. Quello che esce non è la musica della band, ma il personaggio. Forse non c’è giovamento artistico, e probabilmente il nuovo pubblico di band come quelle crederà che il rock italiano, l’underground indipendente, sia quello e saranno soddisfatti così. E’ difficile capire chi si posiziona dove, in questo momento”. “A noi piace suonare e cantare, fine – conclude Alessandro – poi ci sono dimensioni diverse in cui questa cosa può essere fatta. Parliamo degli Afterhours perché è il caso più eclatante, ma non ci tocca personalmente. Le persone guardano i talent come Master Chef, ma non è che ci cambierà qualcosa”.

I brani di Peacock eyes sono nove, e ho effettivamente quasi obbligato i Solki a trovare una parola da collegare con ognuno. Non hanno spiegato, io non spiego e voi potete divertirvi a interpretare come un bambino di sei anni davanti a un quadro di Mirò.

Puddle: “Vuol dire pozzanghera, quindi sicuramente la parola è fango”.
Fuck youth: “Aspirapolvere”, detto con una sicurezza che lo fa sembrare ovvio.
Peacock eyes: “Vittimismo”.
Lizas for all: “Balbuzie. Liza è Liza Minelli – spiega Serena – sono cresciuta col suo mito, ed è la pavona che fa la ruota e prende tutti i colpi per noi. La canzone comunque non parla di lei”.
Empty Bag Jellyfish: “Pilates”.
Wriggled Arms: “Natale”. Sospetto che ci sia qualcosa sotto ma non ho indagato.
In a bounce: “Heidi” risponde Serena, mentre ci lanciamo nella discussione sul’omonimo film uscito da poco. “Hanno superato i 22 minuti? – chiede Alessandro, poi quando gli dico che ho solo visto il finale in cui Clara si mette a camminare e risponde – e poi magari si mette i rollerblade”, e abbiamo tutti un’immagine bellissima in testa che potrebbe essere “la copertina del nuovo disco dei Melvins”.
Jealous girl: “Far west”.
Little planner: “Brivido”.

E ora, per curiosità: come sono occhi del pavone?

“Sono tanti, sono cangianti, ne ha tantissimi sulla ruota – dicono Serena e Lorenzo – cambiano colore, si muovono, sono colorati. Vedono tante cose. Gli occhi veri sono due, tondi, e hanno una visione a 180 gradi. Possono considerare anche la bellezza della loro coda, e sicuramente hanno un legame tutto loro con lei.”

In una recensione che ho letto si parla di “trovare il brutto nelle cose belle”, molto meno ovvio del contrario. E’ una vostra frase?

“Sì. Il pavone è un animale molto bello, è quello che trascina tutte le canzoni. E’ un animale magnifico, a cui si attribuiscono tratti come vanità e narcisismo, ma a me sembra goffissimo: non lo trovo aggraziato – spiega Serena – Una chiesa barocca può avere anche lati orrendi. Non brutti in un senso prettamente letterale, è che ci sono cose belle che mi mettono in difficoltà. In tutta questa tracotanza di bellezza c’è qualcosa che non mi mette a mio agio, da considerare sempre, non da distruggere. Il pavone è bellissimo ma a me fa una pena incredibile”.

Per vedere dal vivo i Solki?

“Il 5 maggio saremo al Glue a Firenze e poi partiamo per qualche data anche fuori dal vicinato – spiega Alessandro – Foligno, Roma, Perugia e ci si scalda in Austria, anche se è un po’ un ossimoro. E’ tutto sulla pagina delle cose internet

Il disco è richiedibile su BandCamp e ai concerti, si può anche scrivere alla band, ma lo troverete soprattutto ai live. E’ uscito in cd, vinile e in digitale.

I Solki li trovate su tutte le piattaforme social. Ovunque e comunque. E anche sul sito www.solkisolkisolki.com.