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Venerdì 29 ottobre, il presidente del Centro Pecci Lorenzo Bini Smaghi ha raccontato alla commissione controllo e garanzia tutta la vicenda che ha portato alla revoca dell’incarico alla direttrice Cristiana Perrella.

Oltre a non aver rispettato i patti, secondo Bini Smaghi l’ex direttrice non avrebbe svolto i compiti previsti dallo statuto per il ruolo direttore del museo, occupandosi in sostanza più di curare le mostre che cercare fondi, mantenere rapporti con le istituzioni e occuparsi del territorio.

Durante la lunga esposizione e in seguito alle domande rivoltegli dal presidente della commissione Leonardo Soldi, Bini Smaghi ha spiegato che delle mostre di Cao Fei e Vezzoli annunciate da tempo non se ne potrà fare niente perché non c’è niente di scritto. Il Centro Pecci stesso nei giorni scorsi aveva sostenuto che la programmazione sarebbe continuata come previsto. Bini Smaghi ha poi definito “molto medievale” il processo organizzativo del Centro Pecci.

Quella che segue è la trascrizione del lungo intervento di Bini Smaghi.

Come si è arrivati alla revoca del contratto

«Al momento del suo insediamento il consiglio di amministrazione della Fondazione per le arti, cioè nel dicembre 2019, il consiglio aveva ricevuto dai soci un mandato chiaro, direi, che era quello di far fare al Centro Pecci un netto cambio di passo per farlo tornare al centro della scena dell’arte contemporanea come lo era stato all’inizio della sua creazione, circa 30 anni fa. In linea con questo mandato il Cda da subito ha chiesto alla direttrice in carica un programma triennale (2022-2024) che riflettesse l’obiettivo di imprimere quel cambio di passo. In particolare si doveva specificare obiettivi chiari, ambiziosi e in particolare in termini di visitatori annui. Perché il Centro Pecci con 40 mila visitatori annui è il museo meno visitato dei principali musei d’arte contemporanea italiani negli ultimi anni. Ed è quello più costoso per i contribuenti del territorio. E dunque per fare il cambio di passo era necessario un programma espositivo più ambizioso, all’altezza delle aspettative dei soci, degli stakeholders della città e un’attività soprattutto di raccolta di fondi condotta soprattutto in prima persona sul territorio».

«Il Cda ha discusso le varie bozze del programma proposte dalla direttrice in almeno quattro occasioni durante il 2020, aprile – ottobre, e alla fine di questa fase di confronto il Cda si è fatto l’opinione che quelle proposte non erano sufficienti a imprimere quel cambio di passo che era stato richiesto. Dunque c’era una divergenza di vedute con la direttrice. E questo non ha riguardato solo il programma ma anche il governo stesso del museo, in particolare il rapporto con il consiglio di amministrazione e in particolare quel che riguarda la raccolta di fondi. Ora io vorrei chiarire che, come dice lo statuto, al Cda compete la gestione ordinaria e straordinaria della fondazione secondo criteri di economicità, efficacia ed efficenza. E dunque per poter espletare queste funzioni, il consiglio, che si è riunito 8 volte nel 2020 e 9 volte finora nel 2021, ha bisogno di una serie di informazioni e le ha richieste più volte, di rendicontazioni, di proposte che però in queste fasi non hanno avuto seguito o a rinvii decisionali a causa di sufficiente preparazione. Sono state molte le richieste di questo periodo non evase o più volte rimandate, faccio alcuni esempi: la costituzione della commissione scientifica, che è prevista nello statuto della fondazione, la predisposizione del funzionigramma del personale, la documentazione per il fundraising, di una procedura di selezione di artisti per le installazioni in città o comunque all’esterno del museo, di un piano finanziario pluriannuale, la rendicontazione delle vendite, della rendicontazione del rapporto con l’associazione delle arti contemporanea e una procedura trasparente per l’acquisizione delle opere del museo. Queste richieste erano state dettate dalla necessità di stabilire procedure trasparenti e di assicurare un’adeguata rendicontazione delle attività svolte dal centro pecci, al fine di consentire una gestione più efficace».

«Ora, la direttrice stessa si è lamentata in varie occasioni delle richieste che il Cda le faceva [manca l’audio], tuttavia il consiglio ritiene che non possiamo astenerci dall’esercitare il nostro ruolo, come previsto dallo statuto, e in modo puntuale, nessuna istituzione pubblica può esimersi dal seguire procedure trasparenti di gestione e di rendicontazione delle proprie attività. Nella sostanza, la divergenza fondamentale che è emersa nell’anno, nel primo anno di insediamento del Cda ha riguardato il ruolo che deve svolgere il direttore del Centro Pecci. Secondo il Cda la funzione di direttore comporta delle funzioni manageriali che vanno assunte in prima persona e questo richiede che venga dedicato a tale compito tempo sufficiente e una presenza a Prato su base continuativa e non è compatibile con una gestione centralizzata e totalizzante delle attività culturali del museo. Il direttore del Centro Pecci deve essere certo un grande esperto e un grande appassionato di arte contemporanea ma non può, non avendo a disposizione né il tempo né le risorse, curare personalmente la maggior parte delle iniziative culturali perché questo lo distoglie dalle attività che sono fondamentali per il successo del centro stesso. Come la gestione della risorse, la raccolta dei fondi privati, la programmazione finanziaria, le interazioni con le istituzioni pubbliche e la rendicontazione di quello che viene fatto. Deve dunque poter delegare secondo procedure chiare e trasparenti.

«Questa divergenza di vedute è legittima, e tra l’altro è stato ampiamente riconosciuto dalla direttrice stessa e non è nemmeno nuovo nel mondo dell’arte, non è specifico al Centro Pecci, altre realtà museali, soprattutto in Italia, si sono scontrate con questo dilemma, mentre all’estero forse oramai c’è chiarezza su quello che deve fare il direttore di un museo oggi. Questa divergenza di impostazione non è sostenibile nel lungo periodo. Ad un certo punto deve essere presa una decisione. E questo è stato il motivo per cui alla scadenza del contratto triennale della dottoressa Perrella, nel febbraio 2021, il Cda decise di proporre un contratto di un solo anno, cioè solo fino ad aprile 2022. Questo era al fine di agevolare una transizione graduale, la preparazione dell’arrivo della nuova direzione soprattutto in una fase come quella che abbiamo attraversato».

«Quando il consiglio fece alla dottoressa Perrella questa proposta, la risposta fu che forse, per l’immagine pubblica di entrambe le parti, sarebbe stato preferibile un contratto triennale, cioè un rinnovo, con l’impegno da parte sua di dimettersi dopo sei mesi con un preavviso di sei mesi, il che avrebbe portato a terminare la sua direzione il 7 aprile 2022. Il contratto triennale le avrebbe consentito di presentare pubblicamente la sua uscita come una sua scelta personale piuttosto che una decisione subita. Cioè le avrebbe consentito di gestire meglio questa transizione. La direttrice chiese anche di mantenere l’accordo confidenziale e il Cda accettò la proposta che ritenemmo poteva soddisfare e favorire una transizione graduale e concordata. E questo è stato incorporato nel contratto, che prevede la clausola di rescissione del contratto da entrambe le parti, senza alcuna condizione, insieme naturalmente all’impegno della direttrice a dimettersi il primo ottobre 2021 con effetto ad aprile 2022. E a conferma di questo impegno vi è uno scambio di mail, nel febbraio scorso, con la dottoressa Perrella, con addirittura in allegato ad una di queste mail una bozza di comunicato stampa che avremmo emesso insieme, nel quale ringraziavamo la dottoressa Perrella per il suo operato e quello che aveva fatto in questi anni».

«Ora, il giorno prima della scadenza prefissata, che nel frattempo era stata rinviata al 7 ottobre di mia iniziativa perché le avevo proposto, siccome nei primi giorni di ottobre c’era una mostra a Firenze, le chiesi “forse è interesse anche della direttrice di rinviare l’annuncio dopo queste manifestazioni in modo che se ne parli troppo”. Però il giorno prima la dottoressa Perrella informò che non intendeva dimettersi senza una qualche forma di compensazione per il danno che avrebbe subito per una presunta fuga di notizie nei giorni precedenti e che da quel giorno avremmo dovuto agire solo attraverso i legali».

«Qui apro una parentesi, perché nell’accordo sottostante al rinnovo triennale, oltre ai sei membri del cda, tre persone erano a conoscenza dell’accordo con la dottoressa Perrella: il sindaco, l’assessore alla cultura e Alberto Pecci. Negli ultimi giorni di ottobre c’è anche il segretario generale e gli avvocati oltre al consulente del lavoro. Io ritengo che il clamore che poi è emerso dopo la decisione sulla quale tornerò era chiaro che nessuna fuga di notizie c’era stata e che la cosa era rimasta tra nove persone, anzi dieci compresa la Perrella. Dunque a nostro avviso non c’è alcun danno e nessuna fuga di notizie che meritava qualche compensazione finanziaria come richiesto».

«Torno all’8 ottobre. Dovetti chiarire all’avvocato della dottoressa Perrella che la fondazione non poteva sottostare ad alcuna richiesta di compensazione, e richiesta ingiustificata secondo noi di risarcimento di un danno inesistente. Né potevamo entrare in una trattativa economica impegnando denari pubblici oltre gli accordi previsti almeno sei mesi prima. Indicai personalmente che era venuto meno il rapporto di fiducia con il consiglio di amministrazione e che il contratto della dottoressa Perrella sarebbe stato revocato in assenza del rispetto degli impegni presi da parte della dottoressa stessa entro le 17,45 dell’8 ottobre, che era l’ora di convocazione del Cda. Il mancato rispetto degli impegni presi ha fatto venire meno le fondamenta del rapporto fiduciario che è alla base dell’incarico del direttore di una fondazione pubblica come quella del Centro Pecci. Dunque non restava altro, sentito il parere dei legali, che procedere unilateralmente alla revoca del contratto. Voglio ribadire che in questa vicenda il Cda all’unanimità si è comportato nel pieno rispetto delle proprie prerogative ma soprattutto nella tutela dell’interesse pubblico. Non sono state decisioni semplici, anzi, dal punto di vista umano sono state decisioni difficili almeno personalmente. Sono state valutate attentamente tutte le opzioni e le loro conseguenze da tutti i punti di vista. Tuttavia ad un certo punto era necessario prendere una decisione e salvaguardare la credibilità di lungo periodo dell’istituzione. Concludo dicendo che l’amministrazione comunale è stata tenuta al corrente di tutti i passaggi della vicenda, ha rispettato l’autonomia del Cda e sostenuto le sue decisioni, ha mantenuto la confidenzialità come richiesto dalla dottoressa Perrella in tutto questo periodo».

«Vorrei aggiungere un paio di informazioni. In linea con le decisioni che erano state prese nel febbraio scorso, il Cda si è adoperato in questi mesi per assicurare quella transizione graduale che avevamo deciso del museo con l’obiettivo di mettere in atto una nuova direzione a partire da aprile 2022. E abbiamo preso due iniziative: in primo luogo abbiamo deciso di far predisporre uno studio approfondito sul posizionamento del Pecci nel contesto dell’arte contemporanea in Italia e in Europa: punti di forza e di debolezza e le misure eventualmente da mettere in atto per riportare il museo in una posizione coerente con le ambizioni dei propri soci. Lo studio non si doveva basare solo su dati quantitativi, cioè bilancio, visitatori e via dicendo, ma anche su una valutazione qualitativa delle attività del museo sul territorio e della valutazione delle attività del museo sulla base di metodologie innovative. Furono sollecitate tre proposte e alla fine l’incarico venne dato al professor Guerzoni dell’università Bocconi. Una versione preliminare dello studio è stata consegnata di recente. La conclusione principale che riassumo è che il Pecci ha perso negli anni buona parte delle relazioni con il proprio pubblico e pertanto necessario aumentarne rapidamente l’attrattività, attivando iniziative che lo rendano place to be, scusate la terminologia, per il pubblico di prossimità e per la scena globale. Lo studio verrà messo a disposizione del pubblico tra qualche giorno. Dunque abbiamo deciso di far fare una valutazione terza, “cosa si pensa nel mondo dell’arte contemporanea del posizionamento del Pecci? è una posizione adeguata? possiamo fare meglio? e se possiamo fare meglio cosa dobbiamo fare. In secondo luogo, per assicurare il rispetto dei tempi previsti, cioè per consentire una nuova direzione dall’aprile 2022, è stata selezionata una società di consulenza esperta nella ricerca del personale del mondo dell’arte e alla fine abbiamo scelto la Saxton Bampfylde di Londra. Questa società ha già definito un calendario, un programma di incontri e di selezione delle candidature con l’obiettivo di arrivare ad una decisione entro la fine dell’anno e ad una transizione per aprile 2022. È stato costituito anche un comitato di selezione composto da Bruno Corà, Sara Cosulic, Guido Guerzoni e Lorenzo Sassoli che assisteranno il Cda nella fase di selezione e di decisione finale del futuro direttore o direttrice».

«Nel rispetto dell’accordo di confidenzialità, questo lavoro è stato svolto in modo riservato a conoscenza del quale erano solo le 9 persone che ho detto prima. È stato reso noto solo dopo la decisione della revoca del contratto che secondo gli accordi doveva essere preso dalla dottoressa Perrella. In seguito alla decisione di revoca presa dal Cda e fino all’arrivo del nuovo direttore, le deleghe operative sono state distribuite all’interno della struttura manageriale, in particolare al segretario generale e al responsabile della collezione e in parte al Cda stesso. È stato avviato un lavoro di ricognizione per assicurare la continuità culturale del museo, non solo per le mostre ma anche per la didattica e gli eventi pubblici. Alcuni esempi: il 20 novembre verrà inaugurato l’urban center, nello spazio interno al museo in collaborazione col Comune che ha il compito di dibattere i temi come la transizione ecologica, l’economia circolare e l’equità sociale, temi che oggi mettono Prato al centro del dibattito internazionale sui nuovi paradigmi delle aree urbane. In quell’occasione verrà mostrata al pubblico anche il restauro dell’opera Sol LeWitt che è stata effettuata con l’Opificio delle Pietre Dure e verrà inaugurata una mostra inedita curata dal Centro Pecci. Proseguiranno le attività di Pecci Books, Pecci Cinema, didattica e nei prossimi giorni il Cda si riunirà per variare le proposte per la programmazione dei prossimi mesi fino all’arrivo del nuovo direttore. In conclusione, l’attività del Pecci continua nei prossimi mesi ancora più intensamente di prima, a conferma che il museo non è l’espressione di una persona sola ma di un progetto collettivo ambizioso all’altezza di quello che i cittadini di Prato e di tutta la Toscana chiedono da tempo. Il Cda intende proseguire il lavoro nei prossimi mesi con lo stesso metodo e lo stesso impegno ispirandosi a criteri di professionalità, rigore e di rendicontazione che devono contraddistinguere un’istituzione pubblica».

Le mostre

«Il cda ha chiesto agli esperti “a che punto sono queste mostre?” e sostanzialmente queste mostre non esistono sulla carta, non c’è un pezzo di carta firmato, né per Cao Fei, mentre al Maxi hanno già tutti i contratti firmati e loro vanno avanti, a Prato non c’è nulla. L’ha detto anche la dottoressa Perrella in un articolo, “sono alla firma”, perché non li ha firmati non lo so. Su Vezzoli non c’è nulla, nemmeno un concept, l’altro, “Musei di carta”, non c’è nulla. Quando abbiamo aperto le carte ci siamo accorti che non c’era nulla, a conferma di un processo organizzativo molto medievale, in cui le cose si fanno all’ultimo momento, con accordi verbali, che non è in linea su come deve essere organizzata un’istituzione pubblica moderna».

[…] «Abbiamo deciso di ripartire da zero: discuteremo nei prossimi giorni delle proposte di mostre che sono più in linea con quello che ci aspettiamo. In particolare, se posso aggiungere qualcosa di particolare, di cominciare a rimostrare la collezione del Centro Pecci che non si vede. Abbiamo una ricchezza e un patrimonio enorme che probabilimente i pratesi non conoscono nemmeno e che tutti i visitatori quando vengono a Prato vedono la collezione sul sito e vengono al Centro Pecci pensando di vedere la collezione, la cercano e non la trovano. Noi vogliamo un cambiamento nella proposta museale e quindi abbiamo chiesto a Stefano Pezzato, che ci farà una proposta in questo senso. Avremo delle mostre quindi, a fine novembre ne inaugureremo una, a fine dicembre ce ne sarà un’altra. L’unica confermata perché c’è un curatore esterno è quella di Bartolini, che verrà inagurata a giugno dell’anno prossimo».

Il video integrale della commissione è qui