magnitudo 18

Se frequentate i posti dove si suona dal vivo a Prato e dintorni, vi sarà capitato, da qualche anno a questa parte, di imbattervi in un gruppo di ragazzini che fa musica “alla vecchia maniera”. Ragazzini che non decidono di rinchiudersi in cameretta a baloccarsi con Ableton e l’autotune e postare il loro disagio su TikTok, ma che hanno scelto di misurarsi con il sudore e con l’energia del live e di svilupparla nella più classica delle formazioni, quella del power trio (chitarra, basso, batteria). Ragazzini, ho detto: sono nati nel 2007. La prima volta che hanno calcato un palco avevano undici anni, il primo disco lo hanno finito a quindici non ancora finiti. Se li avete visti, sicuramente vi sono rimasti impressi nella memoria. Loro si chiamano Magnitudo 18, ed è uscito in questi giorni il loro primo album.

La colpa di tutto questo è da rintracciarsi nei cattivi maestri: i tre frequentano la scuola Kolam di Vergaio, autentica “School of Rock” dove oltre allo strumento si impara una certa attitudine ad esprimersi su di un palco e a fare musica d’insieme. Tre allievi (Francesco Atrei chitarra e voce, Gianmarco Pinelli basso e voce, Daniele Roli batteria) decidono di cominciare a scrivere pezzi originali e a suonarli insieme. La cosa prende piede e va oltre il classico saggio di fine anno; i concerti a Officina Giovani e negli altri spazi di zona, le prime aperture a gruppi più importanti, e nel lockdown il gruppo arriva a chiudersi in studio (in studio, non in cameretta) per realizzare il primo disco.

Il manufatto in questione si chiama “Sisma”, e già dalla copertina è una dichiarazione d’intenti: foto in bianco e nero, un muro scrostato, pochi fronzoli. “Sisma” è un album vero e proprio, non un demo né una playlist. Contiene otto pezzi, e vede il gruppo muoversi bene sia con il cantato in italiano che con quello in inglese. I riferimenti musicali vanno dai riffoni metal come quello che apre la loro “Jack O’Lantern” (il loro primo video) al rock springsteniano di “Scream for our planet” (il loro primo pezzo, scritto a 12 anni). Il disco risente, qua e là, di alcune ingenuità di scrittura, di un uso un po’ acerbo delle metriche o del cantato, ma poco importa: i Magnitudo 18 avranno tempo di raffinarsi e di acquisire tecnica. Quello che vogliono fare da grandi è già chiaro in questi otto pezzi. C’è gente che non l’ha capito a quarant’anni e dopo dieci dischi, dichiararlo a quindici è merce rara. Per ora, c’è solo da incoraggiarle, certe attitudini.

Dal momento che i negozi di dischi non ci sono più, il disco in questione lo trovate ai concerti della band. Come quello alla birreria Pedavena, domenica 10 aprile alle 14,30.