Quello di Prisma Lab, inaugurato ieri nel Macrolotto Zero, è un edificio bellissimo: tremila metri quadrati tra via Pistoiese e via Filzi la cui torre svetta sul resto del quartiere. Potrebbe sembrare inutile dirlo ma forse non lo è: in un quartiere cresciuto senza alcuna logica apparente se non quella della produzione e diventato tra i più caotici e sporchi della città, le linee e le geometrie di questa piazza che si apre tra i negozi e le case di via Pistoiese è il primo, grande contrasto da apprezzare.

Più del playground e più del mercato coperto – le cui funzioni verranno ridisegnate nei prossimi giorni dopo il fallimento delle sperimentazioni – il polo culturale di Prisma Lab è l’anima del piano di innovazione urbana (PIU) annunciato nel 2016 per il Macrolotto Zero/Chinatown. Il cui obiettivo, forse è necessario ribadirlo ancora una volta, era quello di portare funzioni pubbliche in un quartiere di cui la politica precedente si era, volutamente o meno, dimenticata.

“Qui hanno sede l’area startup e i laboratori di ricerca della CTE (Casa delle tecnologie emergenti) di Prisma – si legge nella nota tecnica del Comune – 1.000 mq di spazi che comprendono area bar e open space di 250 mq aperti a tutti e dedicati a studio, relax, ed eventi sociali. Un’area co-working destinata a sei startup da 500 mq con WI-FI e connessione in fibra, stampanti condivise, postazioni di lavoro, sala riunioni attrezzata per videoconferenze, aula per seminari divulgativi ed eventi formativi con 60-100 posti a sedere e con possibilità di tenere presentazioni e proiezioni, sala per registrazioni audio video e saletta riservata per telefonate. Infine 250 metri quadrati destinati ai laboratori innovativi (Blockchain, Internet of Things, Intelligenza artificiale) e un’area dedicata al trasferimento tecnologico e alla realizzazione di progetti di ricerca e sperimentazione (R&S). Le start up che per i prossimi sei mesi utilizzeranno gli spazi di PrismaLab sono QTI, Pentago, Mea Menu, Rifò, Moebus e Taak”.

Adesso sembra cominciare la parte più difficile del progetto di recupero di questo capannone industriale (costato più di 8 milioni di euro, 6 Regione Toscana, 2,2 Comune di Prato): bisognerà farlo funzionare come polo culturale tutto l’anno spiegandolo a tutti i possibili fruitori, compresi i residenti del Macrolotto Zero. Serviranno altri investimenti e soprattutto idee giuste.